Referral Banners HUMUS: dicembre 2010

sabato 25 dicembre 2010

Dies Natalis Solis Invicti (o più cristianamente detto Natale)

Cosa festeggiamo davvero a Natale? Quello che oggi chiamiamo cristianamente Natale è una festa che esiste prima ancora della sua cristianizzazione: in origine fu il Dies Natalis Solis Invicti (Giorno di nascita del sole invitto). Questa festività, che cadeva proprio il 25 dicembre, era molto popolare tra i romani, anche se il rito del Sol Invictus ha origine in oriente. Cosa di non minor conto, la festività del Deus Sol Invictus è antecedente al Natale cristiano. La religione cristiana prese e cristianizzò questa festività facendola coincidere con la nascita di Cristo.

La precedente festività veniva celebrata qualche giorno dopo il solstizio d'inverno. Questo cade precisamente il 21 dicembre e tra il 22 e il 24 dicembre il sole sembra fermarsi in cielo. In questo periodo si ha la notte più lunga e il giorno più breve. Dopo questa lotta tra luce e tenebre , l'invitto o invincibile sole vince la propria battaglia: la luce sconfigge le tenebre e le giornate tornano a farsi lunghe. Era perciò una festa celebrativa della vittoria della luce direttamente collegata agli eventi astronomici: tanto più che si trovano varie festività similari in molte culture anche distanti tra loro. Ma cosa fece del Sol Invictus il Natale che oggi veneriamo come nascita di Gesù? La festa del Natale appare la prima volta sotto il regno di Costantino che istituzionalizzò per decreto i festeggiamenti della natività. La data fissata fu fatta coincidere con il Sol Invictus festeggiato dai pagani: questi dunque veneravano il Sole, tale festività cadeva il 25 dicembre e ciò avveniva prima che lo facessero i cristiani. La scelta della nascita di Gesù al 25 dicembre non fu altro che una scelta politica di far coincidere festività esistenti e festività "emergenti". Venne fortunatamente in soccorso dei cristiani l'editto di Teodosio che stabilì come unica religione di stato il cristianesimo. Il cristianesimo e il culto del Natale furono quindi culti imposti per decreto che andarono ad affiancarsi prima, e sostituirsi poi, ai precedenti festeggiamenti.
I due culti convissero ancora a lungo, ed anni dopo l'editto si leggono ancora le parole di Papa Leone I:

« È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei. »

Sapete come andò a finire e cosa è giunto fino ai giorni nostri, ma la radice di questa festa e soprattutto il suo significato simbolico è rimasto invariato: il sole viene ad allungare le giornate e questo decreta la vittoria della luce sulle tenebre; la luce simbolicamente è nascita e vita, e così, da festa pagana del sole si è arrivati al Natale, festa cristiana della nascita del bambinello. Un fatto che, coincide da sempre con il Sol Invictus: allora buon Dies Natilis Solis Invicti a tutti.

domenica 19 dicembre 2010

Italia: un paese in ginocchio nella neve


Andare e venire dall'italia per un soggetto mediamente insoddisfatto del proprio paese non è una cosa consigliabile. Il rischio è di passare da soggetto mediamente insoddisfatto a soggetto decisamente insoddisfatto.
Fino a giovedì ero a Berlino, in compagnia di freddo e neve. Nulla di anormale per la gelida ma ricca e funzionale città tedesca: metro in funzione, mezzi spalaneve sia sulle strade sia sui marciapiedi, tram e bus regolarmente in orario. Al mio ritorno -ahimé- ho dovuto fare i conti con un maltempo che mi sono portato dietro ed ecco subito la nostra decadenza emergere da sotto le scrivanie degli scongiuri. Un tragitto di circa un'ora si è tramutato in un inferno interminabile. Tutto per una spruzzata di neve durata poche ore e che a sera era già svanita; ma in quelle ore quanto panico nelle nostre vite! Il mio tragitto è passato da un'ora a cinque, le strade erano impraticabili, ghiacciate, innevate, scivolose e pericolose. I mezzi pubblici hanno subito notevoli ritardi e l'intero paese è andato in tilt. Per la cronaca io mi trovavo sulla cassia bis, strada che collega Viterbo e Roma, rimanendo fermo nello stesso punto, per oltre due ore in bella compagnia di altri concittadini stressati che giravano a piedi tra le auto per capire cosa accadesse. La neve annunciata e arrivata si è compattata tramutandosi in ghiaccio, gli automobilisti hanno intrapreso il difficile percorso ad una velocità media di 15 km orari fino a bloccarsi completamente. Nessun mezzo spalaneve è venuto a sistemare le strade. Non siamo attrezzati come in Germania dice qualcuno: certo, ma il fenomeno eccezionale era previsto da giorni e si doveva essere pronti. A guardarsi intorno invece, si aveva l'impressione di un paese abbandonato a se stesso, con cittadini soli che provavano a farsi forza tra loro e risolvere da sé i problemi. Ho visto gente con le pale spalare la neve dall'asfalto o raschiare via il ghiaccio: ma che paese è mai questo, dove privati cittadini tolgono con rudi palate il ghiaccio e la neve? Dov'è lo Stato?

La maggior parte del caos si è avuto quando pesanti tir in salita non riuscendo ad andare avanti hanno iniziato a slittare di traverso bloccando il transito. Altre auto non riuscivano a muoversi ruotando a vuoto le gomme sul ghiaccio. Qualcuna è ripartita grazie alla trazione umana (ovvero alla spinta di persone che a braccio spingevano via le auto dai punti più scivolosi), alcune più fortunate invece sono riuscite a non inchiodarsi e a ripartire. Alla fine si è riusciti a trovare un varco laterale e aggirare tir e auto in sosta, ma la tragica giornata mette un altro post-it dolente sulla bacheca di uno stato allo sfascio. Alla fine, a tarda sera, ci ha pensato la pioggia a risolvere la situazione e sciogliere le ultime lastre di ghiaccio: e meno male, altrimenti starei qui a raccontarvi di un accampamento e non di un disagio. Nessuno si è visto, nessuno si è sentito, come se nessuno esistesse, come se lo stato non fosse anch'esso una mera invenzione televisiva.

lunedì 6 dicembre 2010

E se i radicali votassero la fiducia?



Il governo ha i giorni contati, oppure no. Sono giorni di conte, trattative, giochi sottili sul filo di un rasoio. Un giorno Berlusconi sembra spacciato, il giorno dopo non lo è più. Da giorni girano voci in merito all'incontro avvenuto tra i radicali ed una delegazione del Pdl. Infatti, non appare del tutto scontato il voto di sfiducia radicale al governo Berlusconi, anzi, i numeri scricchiolano e variano di continuo in salita e in discesa. I radicali, sempre al centro della scena, alla spicciolata fanno più rumore di una mandria di buoi. Non è escluso che i sei radicali alla camera possano risultare determinanti in questo gioco perverso di fudicie e sfiducie, votando la fiducia al governo.
Pannella ci lascia sulle spine, non si saprà nulla fino al fatidico 14 dicembre. Io sarò a Berlino, e m'auguro di ricevere notizie confortanti al mio ritorno.

Certo, sarebbe una bella beffa ritornare e ritrovarsi anche tra i piedi il signor B. Perché mai i radicali si abbasserebbero a questo gioco? Hanno sempre avuto il loro modo di vedere e fare politica, pertanto non deve stupire il loro ping pong. Non che questo sia condannabile in toto: sono il partito della concretezza, lottano per obiettivi ben definiti. Più che un partito da governo, sono un partito di pressione che lotta per ottenere degli obiettivi concreti. Così facendo non si beccano molte simpatie, e l'osservatore superficiale è destinato a condannarli. Chi li conosce li stima e li rispetta, ma anche i più fedeli possono aggrottare il sopracciglio in certi casi.

Sembra che Pannella abbia fatto esplicite richieste, proponendo in cambio un voto di fiducia o al massimo un'astensione; ovviamente bisognerà vedere quanto queste favolette da giornale corrispondano al vero. Fatto sta che la sfiducia non è cosa così scontata come potrebbe sembrare.
Le richieste radicali vanno dal problema carceri alla riforma elettorale per arrivare ad un bipolarismo all'inglese, alla riforma della magistratura con la separazione delle carriere dei pm fino alla "democratizzazione della rai" per il pari accesso alla televisione pubblica.
Se per Rai e Magistratura il terreno è percorribile, per le altre due richieste la strada è più impervia: Pannella chiede un'amnistia. Di nuovo? Che facciamo, ne chiediamo una ogni quinquennio? Se la prima non ha risolto il problema, come può farlo la seconda? Si può barattare un voto ad un pessimo governo per un'amnistia dai dubbi risultati? Se esiste un problema carceri, non è certo questa la via della salvezza. Inoltre, Berlusconi non si scagliava contro l'amnistia proposta dalla sinistra facendone un cavallo di battaglia per ottenere consensi? Ora, muterebbe prospettiva per una fiducia risicata? Cosa non si va per guadagnarsi la pagnotta.

Tolto il lacunoso problema delle carceri, restano gli altri tre punti. I radicali sono tipi stravaganti, ma le proposte sono sempre serie e spesso intelligenti. Rimane un'incognita: quanto la richiesta corrisponderebbe poi all'effettiva realizzazione? Si sa, quando si fanno pressioni le proposte possono essere accolte, ma quasi mai corrispondono all'idea originaria; e poi gli accordi lasciano il tempo che trovano. A trattare con certi personaggi bisogna andarci cauti: la garanzia della realizzazione c'è?
Ammesso infine, che Berlusconi e suoi, presi da un eccesso di gratitudine decidano di accontentare i radicali, possiamo dire di averci guadagnato? Questi quattro obiettivi, concreti e realizzabili, mi sembrano un misero baratto da offrire all'italia in cambio di un proseguimento di questo governo.
Ci sarebbe forse almeno la possibilità che i radicali decisivi possano influenzare e non poco la condotta del futuro governo, metter veti e determinare di volta in volta maggioranza e minoranza. Chissà! Certo è, che vedere i radicali votare insieme alla lega sarebbe un duro, durissimo colpo.