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sabato 25 dicembre 2010

Dies Natalis Solis Invicti (o più cristianamente detto Natale)

Cosa festeggiamo davvero a Natale? Quello che oggi chiamiamo cristianamente Natale è una festa che esiste prima ancora della sua cristianizzazione: in origine fu il Dies Natalis Solis Invicti (Giorno di nascita del sole invitto). Questa festività, che cadeva proprio il 25 dicembre, era molto popolare tra i romani, anche se il rito del Sol Invictus ha origine in oriente. Cosa di non minor conto, la festività del Deus Sol Invictus è antecedente al Natale cristiano. La religione cristiana prese e cristianizzò questa festività facendola coincidere con la nascita di Cristo.

La precedente festività veniva celebrata qualche giorno dopo il solstizio d'inverno. Questo cade precisamente il 21 dicembre e tra il 22 e il 24 dicembre il sole sembra fermarsi in cielo. In questo periodo si ha la notte più lunga e il giorno più breve. Dopo questa lotta tra luce e tenebre , l'invitto o invincibile sole vince la propria battaglia: la luce sconfigge le tenebre e le giornate tornano a farsi lunghe. Era perciò una festa celebrativa della vittoria della luce direttamente collegata agli eventi astronomici: tanto più che si trovano varie festività similari in molte culture anche distanti tra loro. Ma cosa fece del Sol Invictus il Natale che oggi veneriamo come nascita di Gesù? La festa del Natale appare la prima volta sotto il regno di Costantino che istituzionalizzò per decreto i festeggiamenti della natività. La data fissata fu fatta coincidere con il Sol Invictus festeggiato dai pagani: questi dunque veneravano il Sole, tale festività cadeva il 25 dicembre e ciò avveniva prima che lo facessero i cristiani. La scelta della nascita di Gesù al 25 dicembre non fu altro che una scelta politica di far coincidere festività esistenti e festività "emergenti". Venne fortunatamente in soccorso dei cristiani l'editto di Teodosio che stabilì come unica religione di stato il cristianesimo. Il cristianesimo e il culto del Natale furono quindi culti imposti per decreto che andarono ad affiancarsi prima, e sostituirsi poi, ai precedenti festeggiamenti.
I due culti convissero ancora a lungo, ed anni dopo l'editto si leggono ancora le parole di Papa Leone I:

« È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei. »

Sapete come andò a finire e cosa è giunto fino ai giorni nostri, ma la radice di questa festa e soprattutto il suo significato simbolico è rimasto invariato: il sole viene ad allungare le giornate e questo decreta la vittoria della luce sulle tenebre; la luce simbolicamente è nascita e vita, e così, da festa pagana del sole si è arrivati al Natale, festa cristiana della nascita del bambinello. Un fatto che, coincide da sempre con il Sol Invictus: allora buon Dies Natilis Solis Invicti a tutti.

domenica 19 dicembre 2010

Italia: un paese in ginocchio nella neve


Andare e venire dall'italia per un soggetto mediamente insoddisfatto del proprio paese non è una cosa consigliabile. Il rischio è di passare da soggetto mediamente insoddisfatto a soggetto decisamente insoddisfatto.
Fino a giovedì ero a Berlino, in compagnia di freddo e neve. Nulla di anormale per la gelida ma ricca e funzionale città tedesca: metro in funzione, mezzi spalaneve sia sulle strade sia sui marciapiedi, tram e bus regolarmente in orario. Al mio ritorno -ahimé- ho dovuto fare i conti con un maltempo che mi sono portato dietro ed ecco subito la nostra decadenza emergere da sotto le scrivanie degli scongiuri. Un tragitto di circa un'ora si è tramutato in un inferno interminabile. Tutto per una spruzzata di neve durata poche ore e che a sera era già svanita; ma in quelle ore quanto panico nelle nostre vite! Il mio tragitto è passato da un'ora a cinque, le strade erano impraticabili, ghiacciate, innevate, scivolose e pericolose. I mezzi pubblici hanno subito notevoli ritardi e l'intero paese è andato in tilt. Per la cronaca io mi trovavo sulla cassia bis, strada che collega Viterbo e Roma, rimanendo fermo nello stesso punto, per oltre due ore in bella compagnia di altri concittadini stressati che giravano a piedi tra le auto per capire cosa accadesse. La neve annunciata e arrivata si è compattata tramutandosi in ghiaccio, gli automobilisti hanno intrapreso il difficile percorso ad una velocità media di 15 km orari fino a bloccarsi completamente. Nessun mezzo spalaneve è venuto a sistemare le strade. Non siamo attrezzati come in Germania dice qualcuno: certo, ma il fenomeno eccezionale era previsto da giorni e si doveva essere pronti. A guardarsi intorno invece, si aveva l'impressione di un paese abbandonato a se stesso, con cittadini soli che provavano a farsi forza tra loro e risolvere da sé i problemi. Ho visto gente con le pale spalare la neve dall'asfalto o raschiare via il ghiaccio: ma che paese è mai questo, dove privati cittadini tolgono con rudi palate il ghiaccio e la neve? Dov'è lo Stato?

La maggior parte del caos si è avuto quando pesanti tir in salita non riuscendo ad andare avanti hanno iniziato a slittare di traverso bloccando il transito. Altre auto non riuscivano a muoversi ruotando a vuoto le gomme sul ghiaccio. Qualcuna è ripartita grazie alla trazione umana (ovvero alla spinta di persone che a braccio spingevano via le auto dai punti più scivolosi), alcune più fortunate invece sono riuscite a non inchiodarsi e a ripartire. Alla fine si è riusciti a trovare un varco laterale e aggirare tir e auto in sosta, ma la tragica giornata mette un altro post-it dolente sulla bacheca di uno stato allo sfascio. Alla fine, a tarda sera, ci ha pensato la pioggia a risolvere la situazione e sciogliere le ultime lastre di ghiaccio: e meno male, altrimenti starei qui a raccontarvi di un accampamento e non di un disagio. Nessuno si è visto, nessuno si è sentito, come se nessuno esistesse, come se lo stato non fosse anch'esso una mera invenzione televisiva.

lunedì 6 dicembre 2010

E se i radicali votassero la fiducia?



Il governo ha i giorni contati, oppure no. Sono giorni di conte, trattative, giochi sottili sul filo di un rasoio. Un giorno Berlusconi sembra spacciato, il giorno dopo non lo è più. Da giorni girano voci in merito all'incontro avvenuto tra i radicali ed una delegazione del Pdl. Infatti, non appare del tutto scontato il voto di sfiducia radicale al governo Berlusconi, anzi, i numeri scricchiolano e variano di continuo in salita e in discesa. I radicali, sempre al centro della scena, alla spicciolata fanno più rumore di una mandria di buoi. Non è escluso che i sei radicali alla camera possano risultare determinanti in questo gioco perverso di fudicie e sfiducie, votando la fiducia al governo.
Pannella ci lascia sulle spine, non si saprà nulla fino al fatidico 14 dicembre. Io sarò a Berlino, e m'auguro di ricevere notizie confortanti al mio ritorno.

Certo, sarebbe una bella beffa ritornare e ritrovarsi anche tra i piedi il signor B. Perché mai i radicali si abbasserebbero a questo gioco? Hanno sempre avuto il loro modo di vedere e fare politica, pertanto non deve stupire il loro ping pong. Non che questo sia condannabile in toto: sono il partito della concretezza, lottano per obiettivi ben definiti. Più che un partito da governo, sono un partito di pressione che lotta per ottenere degli obiettivi concreti. Così facendo non si beccano molte simpatie, e l'osservatore superficiale è destinato a condannarli. Chi li conosce li stima e li rispetta, ma anche i più fedeli possono aggrottare il sopracciglio in certi casi.

Sembra che Pannella abbia fatto esplicite richieste, proponendo in cambio un voto di fiducia o al massimo un'astensione; ovviamente bisognerà vedere quanto queste favolette da giornale corrispondano al vero. Fatto sta che la sfiducia non è cosa così scontata come potrebbe sembrare.
Le richieste radicali vanno dal problema carceri alla riforma elettorale per arrivare ad un bipolarismo all'inglese, alla riforma della magistratura con la separazione delle carriere dei pm fino alla "democratizzazione della rai" per il pari accesso alla televisione pubblica.
Se per Rai e Magistratura il terreno è percorribile, per le altre due richieste la strada è più impervia: Pannella chiede un'amnistia. Di nuovo? Che facciamo, ne chiediamo una ogni quinquennio? Se la prima non ha risolto il problema, come può farlo la seconda? Si può barattare un voto ad un pessimo governo per un'amnistia dai dubbi risultati? Se esiste un problema carceri, non è certo questa la via della salvezza. Inoltre, Berlusconi non si scagliava contro l'amnistia proposta dalla sinistra facendone un cavallo di battaglia per ottenere consensi? Ora, muterebbe prospettiva per una fiducia risicata? Cosa non si va per guadagnarsi la pagnotta.

Tolto il lacunoso problema delle carceri, restano gli altri tre punti. I radicali sono tipi stravaganti, ma le proposte sono sempre serie e spesso intelligenti. Rimane un'incognita: quanto la richiesta corrisponderebbe poi all'effettiva realizzazione? Si sa, quando si fanno pressioni le proposte possono essere accolte, ma quasi mai corrispondono all'idea originaria; e poi gli accordi lasciano il tempo che trovano. A trattare con certi personaggi bisogna andarci cauti: la garanzia della realizzazione c'è?
Ammesso infine, che Berlusconi e suoi, presi da un eccesso di gratitudine decidano di accontentare i radicali, possiamo dire di averci guadagnato? Questi quattro obiettivi, concreti e realizzabili, mi sembrano un misero baratto da offrire all'italia in cambio di un proseguimento di questo governo.
Ci sarebbe forse almeno la possibilità che i radicali decisivi possano influenzare e non poco la condotta del futuro governo, metter veti e determinare di volta in volta maggioranza e minoranza. Chissà! Certo è, che vedere i radicali votare insieme alla lega sarebbe un duro, durissimo colpo.

mercoledì 10 novembre 2010

Bando di gara per la vendita di una Vacca




In tempi di vacche magre, si vendono vacche. Devono aver pensato questo al comune di Nepi (vt); infatti, sul sito comunale da ieri c'è un bando di gara per la vendita all'asta di un bovino di 20 mesi oggetto di sequestro amministrativo. Essendo questo il luogo in cui vivo e, data la curiosità della notizia, mi è parso doveroso renderla nota. Non sono tra coloro i quali pensano che l'amministrazione debba occuparsi di cose più importanti, indire bandi sui servizi pubblici o rilasciare permessi a costruire. Ritengo invece che una mucca sia dignitosa al pari della gestione dei rifiuti e, sebbene molti rideranno, io sorrido per una vaga soddisfazione. È vero che negli ultimi anni i comuni hanno visto erodere dallo stato centrale i finanziamenti per i servizi essenziali e perciò hanno dovuto ingegnarsi nel reperire fondi, ma non consideriamo soltanto l'aspetto finanziario del bando. Lo definirei piuttosto un caso di buona gestione amministrativa attraverso la quale l'amministrazione redistribuisce a cittadini meritevoli un bene sequestrato ad un cittadino scorretto. Oltretutto un grande gesto di trasparenza, alla faccia di tutti quelli abituati a pensare che nella pubblica amministrazione si mangia e basta (e questa volta c'era un bovino di 20 mesi!). Che dire di più? Una vacca fa sempre comodo, quindi, chi fosse interessato all'acquisto del bovino può visitare la pagina dell'albo pretorio online del comune e andare a pagina due (la base d'asta è di 700 euro). Buone vacche a tutti!

martedì 26 ottobre 2010

La condanna del pudore nel paese senza pudore: se gli innamorati finiscono in gabbia.


Ci mancava anche questa: nel paese degli impuniti, dei millantatori e del grande fratello, puoi venire arrestato perché fai sesso in macchina. La notizia è recente, o meglio, di recente ha contaminato le pagine di facebook. Gli utenti hanno condiviso in massa questa agghiacciante verità: in Italia si rischiano fino a 3 anni di carcere se si viene beccati a fare sesso in macchina; e questo non solo se lo fai in una pubblica piazza, anche se vai a cercare un posto isolato, in campagna, di notte, con un filo di luce stellare appena percepibile. Questo perché, stando alle argomentazioni della Cassazione, anche se si cerca il luogo appartato potrebbe esserci un ignaro passante che può vedere; quindi, in sintesi, ovunque tu sia offendi il pubblico pudore. Con buona pace di quello che si fa chiamare il partito dell'amore.

Davvero, dov'è finito l'amore in questo paese, se addirittura amare e amarsi diviene reato? Se, una coppia con ambizioni e sogni, può venir cacciata in gattabuia per un po' d'estasi sessuale? Fare sesso è la cosa più naturale del mondo, anzi, si può ben dire che sia il motore del mondo perché senza di esso si estinguerebbe la specie. Purtroppo l'evolversi delle società umana e, soprattutto, della morale religiosa, ha portato spesso a bollare come indecente il sesso. Ora, si può convergere ad un accordo, come evitare zone frequentate e in vista, ma perseguire gli innamorati in zone franche dove soltanto un caso fortuito può far capitare un osservatore scandalizzato pare eccessivo. Una legge canaglia, che in qualche modo ci avvicina per mentalità ai fondamentalisti islamici: leggo infatti, che in malaysia dove la sharia vieta il sesso prematrimoniale, una giovane coppia è stata condannata a sei frustate; ma c'è, fortunatamente, chi si distingue: infatti, negli emirati, fare sesso in auto non è più reato in quanto l'auto è considerabile un luogo privato al pari dell'abitazione. Perché non può essere così in Italia? Perché questa assurda severità? Quale messaggio diamo ai giovani che hanno ancora voglia di amare ed amarsi, a chi continuamente viene bastonato dalla vita e si rifugia in calde effusioni perché come dice Baricco, il sesso cancella fette di vita e le getta nel cestino? Non si capisce come e perché, in un paese che mercifica la morte, esalta il corpo femminile esibendolo senza frevi (e veli) a tutte le ore, un paese dove un premier può bestemmiare perché è ironico, dove la Tv produce programmi trash e volgarità, dove tutti si mettono in mostra scadendo di frequente nell'indecenza sia fisica che morale, dove si urla e si violenta la dignità delle persone, dove puoi uccidere e cavartela, stuprare e cavartela, essere corrotto e cavartela, si debba rischiare il carcere per un po' d'amore. Davvero, dove raccogliere i brandelli della nostra umanità? Tre anni, un terzo della pena di Pino Pelosi, un terzo della pena di un critico d'arte condannato per aver abusato di cinque bambini; nel paese delle contraddizioni questo può accadere, e l'impressione è che ciò non sia ancora tutto. E lentamente affiorano amare verità: o fai festini in casa del premier o non sei nessuno.

(non arrendetevi, amate e fare l'amore.. in macchina.. e se vi arresteranno, narrate la vostra storia su Humus)

venerdì 8 ottobre 2010

Sul caso Sarah Scazzi, a voi tutti: Vergogna!

(non partecipo al gioco della tortura, non pubblico immagini,
ma questo quadro dal titolo Innocenza, di Giovanni Alessi)


Tutti abbiamo ancora nella testa il resoconto della brutale fine della piccola Sarah; cosa può portare un uomo a desiderare sua nipote, ad ucciderla e abusare del suo cadavere? Oh vile umanità! Bisognerebbe far nient'altro che stendere un velo su questa vicenda. Un velo, per riscoprire una cosa chiamata riservatezza. Invece, quel corpo ormai ritornato alla terra, è un cimelio da telegiornale, una reliquia innocente, un viso semplice accompagnato a macabre narrazioni per far esclamare "oh, che brutto il mondo! E che gente orribile che ci vive!". Costa così tanto abbassare le luci dei riflettori? Tutti lì, con i propri occhi incollati e le orecchie tese a catturare ogni virgola dell'impassibile voce del cronista; tutti lì, a far finta di commuoversi e poi pronti a sonar di clacson al semaforo appena scattato.
Ci sarebbe da capire, che la vita di Sarah era di Sarah soltanto e non un demanio pubblico attraverso il quale lucrare, far vendere copie ai giornali o incollare la gente ai televisori. Vili! Un corpo tramutato in maceria da telegiornale! Così fan tutti, si specula sulla vita, specie se innocente. Come grandi maghi, i conduttori dei tg hanno intrattenuto un'intera nazione, come se fosse un avvincente giallo a puntate. Ogni giorno, migliaia di affamati alle otto in punto, avidi, accendevano i loro apparecchi per seguire i nuovi risvolti dell'indagine. Ecco, ora il mistero è svelato, l'assassino non era il maggiordomo, gli assassini siete voi! Voi tutti, con la vostra famelica non curanza, con l'ossessiva ricerca di una verità che non vi appartiene, con l'irrispettoso uso della vita altrui come diversivo. Per favore, si spengano i riflettori!
Ora, ora che si fa? Si aspetta un nuovo caso? Certo che no, ci sarà ancora da ricamare sulla tragica fine di Sarah; si seguirà il processo, si griderà al linciaggio di piazza, si verseranno finte lacrime: lasciatele a chi di quelle lacrime può fare degno compianto! La vita però, tanto invocata in non sospetti tempi, si fa strumento per giocare, per intrattenere, per fagocitare le esistenze ormai avare di emozioni. Non c'è il tempo per accorgersi delle ferite che vengono inferte ad un corpo già inerme, le immagini sono così efficaci da smontare ogni uso facoltoso del pensiero. Si è risucchiati nel vortice, ci si dimentica per un attimo della propria vita, ci si distrae come di fronte ad un film drammatico, i confini tra realtà e finzione sono confusi; non si distingue più l'essere reale dall'essere finzione. La mente si appanna e ciò che rimane è una fallace commozione, un vacuo trasporto, un'ipocrita compassione; dimentichi di quanti casi ogni giorno non verranno mai alla luce, non perché meno tragici, bensì meno oscuri e commoventi da raccontare. Vergogna, vergogna tutti! Ci si dimentica di quante infanzie violate, di quanti padri, zii, nonni fratelli o mariti hanno abusato, hanno fatto violenza, hanno ucciso. È proprio questo che accade: si accende la tv e si martorizza un individuo, il più innocente, quello con la storia più sensazionale che suscita il maggiore interesse nello spettatore. Si tralascia il resto, come se non fosse parte di una realtà tragica anch'esso. Si spengano i riflettori, per favore. Abbiate un rantolo di umanità, non se ne parli più; ma gli ipocriti son lì, addomesticati dalla tv ne emulano gli atteggiamenti e le movenze: pubblicano link su Facebook e Sarah ha più di ventimila fans, come se fosse un qualsiasi, insulso, prodotto televisivo.

mercoledì 29 settembre 2010

Risotto al delirio di curcuma

Cosa vi propone oggi Humus? Una buonissima ricetta improvvisata e deliziosa.
La ricetta è stata inventata su due piedi da colui che scrive: deliziosa, delicata e semplice da fare. Prima però, un piccolo accorgimento: essendo cuoco anarchico, non sono menzionate le quantità e tutto si riduce al gusto dello cheff di turno.

Ingredienti

Riso, melanzane, aglio, seitan, fagioli, curcuma, gomasio, salvia o altre spezie a piacimento.

Preparazione

Prendete due padelle, mettete un filo d'olio e fate rosolare l'aglio. In una metterete a cuocere le melanzane, nell'altro i fagioli (vanno bene quelli in scatola). Aggiungete un filo d'acqua alle melanzane e mettete a fuoco basso, coprite e fate cuocere con il vapore così da non perdere i suoi preziosi nutrienti. Questo espediente potete utilizzarlo ogni volta che cuocete verdure: rimarranno deliziosamente morbide e non disperderanno il proprio potenziale nutritivo. Controllate di tanto in tanto che non si attacchino alla padella. Quando saranno pronte aggiungete il riso con altra acqua e fate cuocere; quando l'acqua viene assorbita dal riso aggiungetene altra e lasciate andare. Questo finché non sarà pronto il riso. Quando il riso è quasi pronto (non fatelo asciugare del tutto), aggiungete della curcuma e se volete, del gomasio (spezia a base di semi di sesamo). Importante: state attenti all'uso della curcuma. Ha un sapore molto forte, e, se non siete soliti usarla, il consiglio è di metterne una spruzzatina ed assaggiare finché non si raggiunge il giusto equilibrio di sapori.
Nel frattempo, nella padella coi fagioli aggiungete salvia, curcuma e seitan a fettine. Potete usare seitan semplice o agli aromi (ottimo il seitan speziato arrosto). Fate cuocere tutto insieme per 7-8 minuti. Alla fine, dovrete avere fagioli e seitan appena sporcati da una salsa alla curcuma.
Terminati i due procedimenti, mettete il riso nel piatto e guarnite al centro con fagioli e seitan.

lunedì 20 settembre 2010

La scomparsa dell'italiano.


L'italiano sta scomparendo. O meglio, migra verso forme indefinite ed anarchiche. Dall'indagine Invalsi (che ha l'obiettivo di verificare la competenza degli studenti riguardo l'italiano scritto), emerge che dal riesame dei temi di maturità 2008-2009, questi sono assolutamente insufficienti per i seguenti motivi: 63% per lessico, 59% per competenza ideativa, 54% per competenza grammaticale e 58% per competenza testuale. In parole povere, la maggior parte dei diplomati ha uno scarsa padronanza e ricchezza lessicale, non sa organizzare un ragionamento scritto e fa errori di grammatica. Valeria Della Valle, docente di lingua italiana a "La Sapienza", punta il dito verso le scelte politiche: "Inutile gridare al lupo al lupo quando sono scomparse le scuole di specializzazione in linguistica per insegnanti. Non è detto che chi si laurea in letteratura abbia piena padronanza della lingua e delle sue regole. E la recente riforma ha abbassato il numero delle ore di italiano..."
Immaginare un giovincello alle prese con errori linguistici gravi è una realtà tristemente accettabile; cambiare il soggetto interessato e scoprire incompetente un laureato in lettere è ben altra cosa. Soprattutto se poi questo laureato siederà dietro una cattedra. L'italiano in poche parole è più a rischio dei Gorilla del Congo. Gli errori e l'incompetenza dilagante interessano la maggior parte della popolazione alfabetizzata o semi-alfabetizzata. Non si conosce il significato di parole come obsoleto, non si sa usare l'apostrofo e la lettera h è un mero optional. Scompare la punteggiatura, punto e virgola e due punti vanno in villeggiatura. Per non parlare del congiuntivo, sul quale la stessa Della Valle ha scritto un fortunato saggio dal titolo "Viva il congiuntivo". Ma a rischio non c'è soltanto il congiuntivo, anche il tempo è frutto di rivisitazione: partendo dal concetto di relatività si sta progressivamente dicendo addio al passato remoto (lo usai).

Dove ricercare le cause? Sicuramente il padroneggiare dell'intrattenimento televisivo è al primo posto. La tv infatti, essendo mezzo di massa, adotta un linguaggio più scarno di quello scritto. Povero, senza orpelli, secco e comprensibile a tutti. Poche parole standard (tra cui milione) che contribuiscono ad impoverire il linguaggio in maniera generalizzata, specialmente tra coloro abituati a passare molte ore davanti allo schermo.
Un'altra causa può rinvenirsi nell'uso di internet. Oggi internet offre la possibilità a tutti di poter scrivere, vuoi tramite un blog, una chat o facebook. Purtroppo questo causa la trasposizione di forme abbreviate e sgrammaticate, dapprima in uso sugli Sms (dove però la cosa si giustificava dal poco spazio e dal costo), ora trasportate in rete (dove pertanto viene a decadere la giustificazione di cui sopra). Allora dilagano sgrammaticature, verbi inventati, abbreviazioni oltre il limite della comprensibilità scientifica, modificazioni scritturali per medesimi suoni(k per ch) oltre i soliti accenti sostituiti da apostrofi (per la è maiuscola accentata correttamente basta fare Alt+212) o del tutto inesistenti. Infine, lo scarso interesse per la lettura. Quest'ultimo punto legato certamente da un sottile filo rosso agli altri due: in una società dove la centralità è l'immagine, perde significato la parola nella sua forma scritta. Ma una società che non sa argomentare, parlare o capire, è una società che diventa barbara.

Queste sono le cause (insieme a quelle di ordine politico) che intuitivamente si possono individuare. Ma c'è un qualcosa che il quotidiano ragionare ignora: non potrà mai esserci un popolo di dotti. Dai l'alfabeto alle masse e queste ne faranno l'uso meno appropriato. Un tempo pochi potevano seguire gli studi. Oggi si ritiene un bene l'alfabetizzazione. Eppure questo potrebbe rivelarsi ancor peggio dell'analfabetismo. Come? I letterati buoni sono sempre stati pochi. Pertanto un tempo questi potevano contare su un piccolo numero di potenziali lettori.
Ma, essendo la capacità di scrivere o di leggere un privilegio di pochi, esistevano buona letteratura e buoni lettori; la lingua scritta, usata da grandi scrittori, non correva grossi rischi di sabotaggio in quanto strumento privilegiato. Dare alle masse la possibilità di leggere e scrivere, in un'epoca appunto massificata, produce più effetti negativi che positivi: la schiera dei potenziali lettori si allarga, ma non quella dei lettori buoni. I buoni scrittori sono sempre pochi, ma la loro arte lungi dall'essere una forma privilegiata (e tutelata), inizia ad assumere i connotati dell'incomprensibilità, della noia, riscuotendo un basso interesse a livello di massa. In un'epoca dove vincono i grandi numeri anche nell'editoria, il grande letterato soggiace agli interessi del mercato e viene spazzato via dai Moccia o dai Fabio Volo. Il numero di pessimi lettori si allarga dando spazio a pubblicazioni trush che riscuotono successo. Le pubblicazioni trush offrono pochi spunti di riflessione ed un linguaggio povero in linea col concorrente televisivo. Lo scrittore buono rimane ai margini, non viene promosso perché non vende, non porta soldi: ed oggi i soldi sono tutto. La cultura barbara e di massa investe la cultura buona (e per certi versi elitaria), spingendola sempre più ai margini. Per ultimo sopraggiunge la morte: i letterati cercano di difendere la lingua, ma sulla spinta delle masse esigenze e regole si fanno sempre meno stringenti fino a portare verso un nuovo sistema, senza regole, senza sinonimi, senza significati. Ripensare l'istruzione obbligatoria? Oggi risponderei di sì. Meglio una cultura elitaria che una massificazione dell'ignoranza e della mediocrità.

Nota: non sfuggono certo i libri universitari, tra cui cito il libro "Mercati di capitali e intermediazione finanziaria" di P.Giovannini, docente a "La Sapienza", che ha un'infinità di errori grammaticali oltre che un layout pessimo. Edizioni Kappa.

martedì 7 settembre 2010

Vespa e quella figuraccia all'italiana




Ma a te non piacciono le tette?
Tonerebbe così qualcuno di mia conoscenza. Un giorno, mentre mi perdevo in appassionati dibattiti sul web uscì la fatidica domanda: ti piacciono le tette? Risposi: un buon cervello è preferibile, se ci sono anche le tette meglio. Venni tacciato di essere omosessuale; non che sia un male esserlo ma la cosa mi ha stupito, perché non arrivo a comprendere come da una semplice affermazione si possa arrivare a mettere in dubbio la sessualità di una persona. Probabilmente sarebbe arrivato ad analoghe conclusioni anche Bruno Vespa, protagonista di una pessima figura al premio Campiello. Mentre bavoso schiumava come una lumaca, l'insigne maggiordomo del parlamento italiano invitando sul palco la Silvia Avallone, vincitrice del Premio Campiello Giovani e autrice di Acciaio, si lascia prendere da una febbrile eccitazione invitando le telecamere ad inquadrarle il bellissimo decolleté. E ciò accade non ad un concorso di bellezza, ma ad un concorso letterario. Insomma, anche quando i meriti ci sono, la donna non riesce a mettere la testa fuori ed essere apprezzata per le proprie doti personali.

In questo piccolo accadimento c'è molto dell'Italia di oggi. La donna, che mai è riuscita a imporsi, vittima di retaggi culturali e, forse, anche un po' di se stessa, è e resta un oggetto da esposizione. Il corpo alla base del tutto, dell'immagine, dello show. L'uomo conduce e la donna fa la valletta; nessuna parola, un sorriso, una coscia, una tetta e tutto va bene. La libido del maschio virile, tettofilo, ben sdraiato sul divano mentre lei lava i piatti della cena dalla stessa preparata, è appagato. La donna oggetto è il pilastro su cui poggia l'attuale sistema televisivo italiano. Se nasca prima l'idea dell'impresario o la depravazione dello spettatore è un problema di difficile soluzione. Vero è, che di personaggi alla Vespa ne trovi un po' ovunque: sul treno, per strada, in ufficio o nel cantiere. Uomini che non vedono altra donna se non quella che è facilmente individuabile dalle sue forme; uomini di un paese che ha il più alto numero di turisti sessuali; uomini ai quali se dici di apprezzare la testa di una donna ti tacciano di omosessualità; uomini che non ti assumono perché donna; uomini che "se vai in giro sola sei una in cerca di sesso" o "se vai in giro vestita in quel modo aspettati di essere violentata"; uomini in attesa di una badante che lavi stiri cucini senza troppe lamentele. Questa è la fotografia un po' appannata dell'Italia: un paese sessista. È così oggi, era così ieri, forse lo sarà ancora domani. Certe abitudini sono difficili da superare e del resto, il forte influsso della morale cattolica non aiuta il processo di cambiamento.

Un tempo era ancora possibile incontrare dei cavalieri. Oggi sono schiacciati, oscurati, sepolti dalla volgarizzazione della vita incentivata in qualche modo dal trush televisivo; polverizzati dal Berlusconismo, dalle luci del circo, da forme colori musica decadimento mentale; annientati dalla legittimazione del maschilismo come stile di vita. Così, tra un canale ed un altro, tra festini e pubbliche offese, tra rotondità da esibire e intelligenze informi da macero, ci si dimentica degli uomini gentili, pronti ad offrirti da bere soltanto per il piacere di parlare. Di quei pochi uomini rimasti che t'invitano a cena nella loro casa, ti offrono del vino e ti preparano la cena, ti aprono la portiera della macchina, baciano la mano e ti guardano fisso, intensamente, negli occhi, senza abbassare lo sguardo. Quegli uomini in grado di ascoltare una donna, anche per delle ore, per il solo piacere di ascoltarla senza l'idea di raggiungere altro.

martedì 24 agosto 2010

Earth Overshoot Day


Il 21 agosto è stato l'Earth Overshoot Day, ovvero il giorno in cui l'umanità ha consumato tutte le risorse che la Terra mette a disposizione in un anno. Non è una buona notizia. Questo significa che da tre giorni stiamo raschiando il barile delle risorse vivendo a credito. E così sarà da qui al 31 dicembre. Ad annunciarlo è stato il Global Footprint Network, l'organizzazione internazionale che misura l'impatto dell'esistenza sulla natura. Stiamo consumando più di quello che potremmo date le capacità di rigenerazione delle risorse e, come diretta conseguenza, produciamo più rifiuti di quanto la terra possa assorbirne. Lo scorso anno l'Earth Overshoot Day scattò a settembre. Questo significa che nonostante la crisi l'uomo ha intensificato i suoi processi su scala planetaria: un dato che non lascia ben sperare in previsione della futura ripresa economica. Quanto ancora si potrà reggere un tale ritmo? L'economia batte la fiacca eppure ogni anno anticipiamo la fine delle risorse. Ciò può avere due significati: la terra ogni anno ci offre meno risorse perché queste sono in esaurimento; oppure che consumiamo freneticamente quantitativi sempre maggiori di merci (senza accorgercene) delle quali potremo fare a meno. Si può vivere con meno, molto meno, senza che ciò costituisca un attentato alle nostre vite. Finché però si metterà l'accento sulla crescita e su indicatori come il Pil per misurare il benessere, ogni tipo di mercanzia può essere buona per innalzare il prodotto. Ho visto un negozio che vendeva solo fiori di plastica: è così che utilizziamo le risorse che la terra ci offre? Eppure quei fiori di plastica, orride decorazioni di città spente, entrano nel prodotto interno lordo allo stesso modo del pane o dell'acqua. E questo senza che innalzino il nostro benessere: piccole questioni di futilità in una vita inconsapevole dei propri riflessi.
Cambiare vita, essere consci di se stessi e delle proprie conseguenze, capire una volta per tutte che siamo al culmine ascendente della parabola umana e presto questa inizierà la sua discesa. Tecnodigiuno, decrescita, piccoli piaceri. Tante le parole che ancora non fanno parte del nostro vocabolario. Basta un divano, una televisione accesa e sembra che nulla possa accadere. Un po' come quei bambini timorosi, di notte, che mettevano la testa sotto le coperte convinti che queste potessero essere lo scudo contro ogni pericolo. Ma bambini non lo siamo più da tempo. Tanto vale tirare fuori la zucca.

Alessandro Giova

venerdì 20 agosto 2010

EcoRimedi contro le zanzare


C'è un qualcosa che un ecologista vegetariano può fare per liberarsi delle zanzare? Avanti, non inorridite. Primo, la zanzara non rientra nelle pietanze degli umani, pertanto la seconda condizione è certamente rispettata. Per il rispetto della prima basta non usare spry chimici, i quali producono effetti che vanno oltre la nostra reale immaginazione: avreste mai detto che tracce di DDT fossero rinvenibili nel grasso di uccelli viventi al Polo Sud o nei ghiacci dell'artico? L'insetticida attraverso la pioggia finisce nei fiumi, di lì al mare inquinando le alghe. Le alghe vengono mangiate da piccoli organismi come crostacei o molluschi, i quali a loro volta finiscono nel piatto dei pesci. Questi ultimi infine sono l'unico pasto degli uccelli marini. Bel giro. E pensare che il DDT resta in ognuno di loro fino a che non va a depositarsi nel grasso degli uccelli, provocando agli stessi morte o sterilità. Pensate allora a quanto può essere inimmaginabile una nostra piccola azione quotidiana, un piccolo gesto che si risolve in un suono che fa più o meno così: Pfff! Un dito e Pffff! Crediamo di far fuori la mosca, l'insettaccio o il parassita dei nostri pomodori, invece stiamo creando disastri ben più grandi del nostro dito. Per questo spry chimici dovrebbero essere messi al bando. Ma come fare con le zanzare? Sono davvero insopportabili! Inoltre un animalista deve difenderne i diritti?? Certo che no! Può benissimo fare guerra alle zanzare rispettando le regole del gioco.

Ogni animale ha la sua importanza biologica, questo è un dato di fatto più o meno apparente; anche se, sinceramente, l'utilità della zanzara si fa fatica a percepirla. Prolifica ed è in soprannumero in alcune zone, spesso può portare malattie; forse proprio in questo si può ritrovare una sua funzione: riequilibrio demografico delle specie esistenti mediante infezioni mortali. La natura è imprevedibile e non escludo che questa possa essere una ragione. Di fatto, ogni estate ci troviamo a fronteggiare una guerra contro questi esseri ronzanti pronti a pungerci. Gli incontri possibili sono con due possibili tipi di zanzare: la zanzara nostrana e la cosiddetta zanzara tigre. Quest'ultima, attiva solo di giorno, è arrivata sulla nostra penisola agli inizi degli anni 90 e lentamente si fa strada colonizzando il territorio. Assai più aggressiva della zanzara nostrana, la zanzara tigre attacca senza pieta la nostra pelle prediligendo le parti basse come caviglie e piedi. Le zanzare si nutrono prevalentemente di vegetali, succhiandone la linfa. Vivono in posti freschi e umidi; ma è dopo l'accoppiamento che la femmina di zanzara inizia l'esplorazione alla ricerca di sangue per portare a maturazione le uova. Ed è lì che noi ne diventiamo il bersaglio. La zanzara vive mediamente un mese ed in quell'arco può deporre in media 500 uova che depone in piccoli ristagni d'acqua. Ma cosa fare per tener lontano questo insetto?

GUERRA PREVENTIVA

Il primo metodo, alquanto ingegnoso è quello di combatterle allo stato larvale. Infatti, usando bicchieri o barattoli con acqua, si possono creare condizioni favorevoli per far depositare le uova alle zanzare. Gettare in terra asciutta l'acqua almeno ogni 5 giorni impedirà alle larve di terminare il processo di maturazione: si tratta di un'azione preventiva molto efficace. Inserendo poi foglie ed erba la trappola sarà ancora più incisiva. Se avete piante con sottovasi, mettete della sabbia nel sottovaso: ciò impedisce l'insediamento delle larve. Sempre per la lotta preventiva si possono utilizzare, soprattutto negli spazi d'acqua ampi, i pesci rossi, naturali predatori delle larve.

GUERRA DIFENSIVA

Ma nel caso che la vostra guerra preventiva fallisca e non riusciate ad esportare la democrazia, allora ve la dovrete vedere con esemplari adulti. A questo punto il piano di lotta ecocompatibile mostrerà punti a vostro sfavore e in questo caso dovrete mettere in atto strategie difensive. Esistono in commercio delle trappole per zanzare adulte, che sfruttano l'anidride carbonica per attirare le zanzare e aspirarle. Ma non li considero oggetti ecologici e soprattutto giusti. Quindi? Quindi la scelta sono i repellenti naturali: infatti molti oli essenziali apprezzati dagli esseri umani sono invece repellenti per le zanzare. In commercio esistono molti repellenti naturali, ecologici e senza aggiunta di componenti chimici. Tra le aziende che offrno prodotti anti-zanzare eco-compatibili c'è VERDE NATURALE, azienda agricola specializzata nella produzione e nella coltivazione di erbe aromatiche ed officinali biologiche, con selezioni adatte alla produzione degli oli essenziali. Tra i prodotti che ci vengono in aiuto c'è sicuramente il DIFFUSORE ALLA CITRONELLA che, oltre a profumare la casa, terrà lontane le zanzare; un altro prodotto è ZanZino, uno spry che va applicato sulla pelle e contiene oli essenziali di salvia, lavanda, menta piperita e malaleuca ottenuti da coltivazione biologica. Infine per la fase post puntura c'è PostZanza.
Ma può anche darsi che, nonostante tutti questi accorgimenti, qualche zanzara riesca tuttavia ad avvinarsi. In questi casi si ricorre al più classico dei rimedi: schiacciare la kamikaze tra le mani. Niente di non etico: anche un giudice riconoscerebbe che si tratta di legittima difesa! Probabilmente non riuscirete mai a tenere sotto controllo la popolazione delle zanzare, ma 5 o 6 esemplari al giorno sono un bel trofeo da esporre alle cene con gli amici. Un metodo pulito, non inquinante e certamente non influente sull'ecosistema.

ALCUNE IMPORTANTI RICERCHE SCIENTIFICHE.

Come al solito la scienza ci soccorre. E come al solito, in qualche parte del mondo, un gruppo di scienziati impiega la propria vita in qualche strambo esperimento. I ricercatori della School of Forestry and Resource Conservation all'Università nazionale di Taiwan, hanno scoperto che la cannella è un forte antisettico in grado di uccidere le larve meglio di un qualunque altro agente chimico. Chissà, forse gli s'è rovesciato per sbaglio il contenitore della cannella mentre stavano cucinando, fatto sta che un nuovo spry potrebbe presto invadere il mercato. Uno spry senza effetti sull'uomo e sull'ambiente. Nel frattempo, mettere un cucchiaino di cannella ovunque trovaste ristagni d'acqua potrebbe rivelarsi un'idea intelligente e stravagante.
All'università di Aberdeen invece, sulle rive del lago di Loch Ness, hanno condotto un esperimento sui gusti delle zanzare. I risultati dicono che le zanzare prediligono gli uomini alti(senza specificare se biondi o mori) e le donne grasse. Attenzione però: prima di dimagrirvi fino all'anoressia o farvi fare un intervento di riduzione degli arti, dovete sapere che il sottoscritto misura 1.72 cm, non certo alto, ed è una delle vittime preferite dalle zanzare. Pertanto ci andrei cauto con i risultati di questa ricerca. Però una cosa è certa: le zanzare sono attratte dal nostro odore, e certamente ci sono odori che sono preferiti ad altri. Sembra anche che molti secernono una sorta di repellente naturale (beati!). E se è vero che il nostro corpo assume un odore che dipende da ciò che mangiamo, sappiate che anche l'aglio è un potente repellente contro le zanzare. Perciò basta mangiarne quanto basta a secernere un odore riluttante per i sgradevoli insetti. Molto probabilmente sarete scansati anche dai vostri simili umani, ma molte persone sono peggio delle zanzare. Chissà che non sia un bene.

In ultimo, voglio concludere con un rimedio che giunge dagli zoologi del Museo di Storia Naturale di Firenze. Generalmente non sono patriottico, ma dei tre gruppi di scienziati mi sembrano quelli più svegli: e questo nonostante la Gelmini! Questi zoologi, per contribuire alla conservazione dei pipistrelli, hanno messo a punto una bat box, un rifugio in legno per questi straordinari predatori di insetti. Questo rifugio è stato studiato appositamente per le auree urbane. Acquistare una bat box appendendola sul muro esterno di casa, non solo significicherà avere un alleato naturale alla lotta alle zanzare ma darà anche un contributo a un importante progetto di conservazione dei pipistrelli.


articolo a cura di Alessandro Giova


lunedì 16 agosto 2010

L'ultimo genio della politica: Gianni Alemanno e la tassa sui cortei.


Di idee strampalate ne vengono fuori parecchie ai giorni nostri. Se ci spogliassimo dei pregiudizi politici, potremmo raccoglierle in un Umorismario Politico senza roderci troppo il fegato. Inoltre, ciò comporterebbe notevoli riflessi positivi sull'editoria e, getterebbe le basi per un bestseller da esportazione che può fare una degna concorrenza ai libri di Gattuso, Materazzi e Totti, se non addirittura al Premio IGnobel Federico Moccia. Sicuramente ne guadagneremmo in salute psichica; si potrebbe addirittura devolvere il ricavato allo Stato che alleggerirebbe così il carico fiscale. Ma i tempi sono duri e allora bisogna scendere in piazza a rivendicare la propria dignità di uomini, far sentire la propria vibrazione di formichina del sistema. Si ha poco tempo di rilassarsi in gaie letture e le cose vanno prese sul serio. Manifestiamo? Mica tanto conveniente. Almeno prima avevi la soddisfazione di dire sono andato a manifestare per i miei diritti, non mi ascolteranno ma non mi costa niente (se non una lieve gastrite). Ebbene, il Sindaco di Roma Alemanno, che abbiamo potuto ammirare nella sua formidabile uscita alla Tomas Milian - senza tuttavia poter vantare l'impostazione vocale di Ferruccio Amendola - : "Se mettono la tassa sul raccordo anulare lo sfondo!". Si vede che è uno rispettato nel suo ambiente se deve ricorrere a questi mezzucci pacati per farsi rispettare. E c'è da immaginarselo mentre in sella ad un molossoide distruggi asfalto si lancia verso il raccordo ben deciso a distruggerlo. Genio!
Ora, l'ultima trovata del Monnezza Capitolino è questa: una tassa sui cortei. Di per se l'uscita non è infelice al 100%, ma si vede che Alemanno è abituato a muover le labbra d'impulso e poi esclamare un "Doh!" dalle vaghe parvenze Simpsioniane. Con assoluto rispetto di Homer Simpson per carità! Infatti, non è proprio il massimo come idea per rattoppare i buchi del bilancio; inoltre, vallo un po' a dire a quei manifestanti i quali protestano in tempo di crisi, che, non solo non saranno ascoltati, ma perfino dovranno pagare per non essere ascoltati. Manifestare è un diritto riconosciuto dalla Costituzione, se non altro perché fa sì che la voce del capo non sia l'unica voce ammissibile.

Parla di numeri Alemanno: "per una grande manifestazione di 100mila persone il costo è di 35mila euro per la Polizia municipale, 30mila euro per l'Ama, 15mila euro per i servizi sanitari, 15mila per la Protezione civile, 5 mila euro per le transenne, per un totale di 100mila euro." Si può capire che le somme erogate dal comune non sono bruscolini e bisognerebbe dare ad Alemanno un plauso se, e solo se, Roma fosse una città pulita e i manifestanti i soli a sporcarla. Di zozzeria a Roma ce n'è in ogni dove e non solo nei giorni dei cortei; quindi, in sintesi, che sia una proposta copertura per mascherare l'incompetenza contro il degrado della città? Inoltre, fare i paladini dell'ordine comporterebbe almeno un po' di coerenza: se infatti si deve pagare, giustamente, per i servizi del quale si fa uso, dovrebbe almeno dire al suo principale di rimborsare alle casse della metropolitana le corse che i manifestanti dell'ultima grande manifestazione del Pdl hanno fatto a sbafo. Si dice addirittura fossero un milione. Benissimo! Milione di persone che, teoricamente, secondo la funzione Alemanniana avrebbero dovuto produrre un costo di 1 milione di euro nelle casse comunali oltre ai già citati viaggi gratuiti in metro. Bene, allora si inizi facendo pagare gli arretrati: li chieda pure al suo superiore, tanto il presidente i soldi ce l'ha!

"È colpa del buco di bilancio lasciato dalla sinistra" si giustifica Alemanno. Infatti mi chiedevo se non fosse colpa della precedente amministrazione se i soldi mancano e non sia invece a causa dei tagli governativi alle entrate comunali. "Alemanno non fa che aumentare le tasse" tuonano da sinistra. Risposta più ovvia del mondo. Inizio a capire che il bagaglio di risposte è standard e limitato. Se non altro, le posso usare qualora un giorno mi trovassi in condizioni simili. Se sei al governo la colpa è di quelli che c'erano prima; se invece sei all'opposizione dì che chi governa vuole aumentare le tasse, cosa che tu non avresti mai fatto. Due principi basilari, importanti cardini dell'agire politico. Potrei perfino essere a capo di un partito afferrati questi due precetti. Allora devo subito radunare gente per fare pressioni alle autorità mettendo in pratica ciò che ho imparato. "Ma si paga? Davvero?" "Uhm, vabbè dai, ci vediamo su facebook!"

di Alessandro Giova

martedì 10 agosto 2010

Mini-Guida di Barcellona, capitale modernista.

(nella foto: panoramica esterna di Casa Battlò)

Indice Guida:
1- Introduzione
2- Barcellona
3 - Gaudì e il modernismo
4 - Oltre il modernismo
5 - Mangiare ed alloggiare
6 - Trasporti
7 - Altro
8 - Suggerimeti: 3 link

INTRODUZIONE

Quando ho prenotato il mio viaggio per Barcellona, non sapevo bene a cosa andavo incontro. Diciamo che è stato un ripiego: due notti passate a dormire nelle stazioni di Londra erano troppe ed un volo buono per Parigi non si trovava; allora? Ma Barcellona? Ecco, è successo più o meno così.
Se mi fossi affidato ai racconti di chi c'era stato, forse avrei fatto un buco nell'acqua. Eh sì, non ci sono più i viaggiatori di una volta: infatti mi doto sempre di una buona guida cartacea. In genere, i racconti che arrivano parlano di Lloret del Mar (si dice "vado a Barcellona" per via dell'aeroporto di destinazione), della Sagrada Familia, della movida notturna e poco altro. Possibile che una delle più grandi città europee, di nome e numero di turisti, offra soltanto questo? Purtroppo sono pochi quelli abituati a munirsi di una guida e scoprire il posto dove vanno in vacanza. Proprio due settimane prima di partire, mentre facevo una corsetta, incontro un mio amico che mi dice: "Ah, vai a Barcellona? Ma sai, a parte la Sagrada Familia - che è bella - non c'è molto da vedere". Perché ha detto ciò? Certo, se si vuole fare il paragone con Roma (grave difetto, soprattutto dei capitolini, che tendono a paragonare e non a scoprire) c'è poco; ma conoscendo il tipo credo solo che sia il solito vacanziero che è andato lì per partecipare a qualche festino a base di sangria ed è andato a vedere la Sagrada Familia per poterlo raccontare. "Eh che, sei andato a Barcellona e non hai visto la Sagrada Familia?"

BARCELLONA
Barcellona è la maggiore città della Catalogna, regione a nord-est della Spagna, confinante con la Francia. Con 1.5 milioni di abitanti e 3.50 milioni di turisti annui, Barcellona è certamente uno dei centri più chiassosi e vitali d'Europa. Ed è proprio a l'Europa che spesso ha guardato Barcellona per i suoi scambi, per la sua cultura, per la ricerca della sua identità. Importante centro economico si può affermare tranquillamente che Barcellona è una città europea, la più europea della Spagna. Chissà se sia più per la posizione geografica o semplicemente sia una reazione alla sofferta rivalità con Madrid e la richiesta, mai accontentata, di una completa e totale autonomia governativa. Uno scontento che ricorda vagamente il Leghismo nostrano, ma con meno eccessi. Ma Barcellona, eterna seconda nelle gerarchie governative non s'è persa d'animo ed ha saputo trovare una sua identità, una sua particolarità fatta di arti, dinamicità, modernità e un ruolo importante sul piano del commercio con l'europa.
Passata di mano molte volte -dapprima provincia romana, poi momentaneo alloggio dei Visigoti Cristiani, infine devastata da Berberi e dagli Arabi - questa città ha subito numerose influenze ed ha sviluppato una certa attitudine camaleontica all'adattamento culturale. Spinte ed influenze esterne che sono rintracciabili ed ammirabili soprattutto al MUSEU NACIONAL D'ART DE CATALUNYA. Ci sono anche resti romani, ma non credo che sia di così vitale interesse smuoversi per vedere le colonne romane del tempio dedicato a Cesare Augusto. Non perdete tempo. C'è altro: dal gotico al modernismo; e partite proprio dal quartiere gotico (lasciando in modernismo come ciliegina). Passeggiate per le vie del Barrì Gotic, tra statue spettrali, demoniache e sofferenti che si sporgono sulla via. I due maggiori esempi dell'arte gotica catalana sono rinvenibili nella CATEDRAL DE LA SANTA CREU I SANTA EULALIA, e l'ancor più straordinaria EGLESIA DE SANTA MARIA DEL MAR a la Ribera, con i suoi immensi archi che s'innanzalo fino ai 15 metri senza rinforzo.

GAUDì E IL MODERNISMO.
Se c'è un qualcosa su cui Barcellona si distingue e che vale veramente la pena di andare a vedere, è l'architettura modernitsta. Si vede e si percepisce subito che la città in cui state passeggiando è una città votata ad un continuo rinnovamento, ad una ricerca di nuovo che, forte della spinta che ha saputo improntare il genio creativo dell'architetto Antoni Gaudì, la fa apparire come un "lussurioso" centro moderno, ricco di forme, colori e sculture moderne. Dall'alto si può vedere che la pianta della città è geometricamente perfetta, perfettamente divisa da linee ritte che si intersecano tra loro; infatti quasi tutte le strade sono parallele. Il periodo modernista durò circa trentanni: dall'ultimo decennio dell'800 fino agli anni 20. Il modernismo (art nouveau) puntava ad imitare la natura nell'architettura, nella pittura e nelle arti figurative. Esempi di architettura modernista sono rintracciabili un po' ovunque se si osserva con attenzione. Lo è sicuramente il non poco appariscente HOSPITAL DE LA SANTA CREU, luogo da sogno dove prenotarsi un ricovero, e lo stupefacente PALAU DE LA MUSICA CATALANA: un vero gioiellino di colonne decorate con mosaici in ceramica e ricchi ornamenti. Una esplosione di decorazioni che lascia certamente l'osservatore di stucco, sebbene le vie strette non permettano al visitatore un'ampia visione d'insieme dell'edificio. Entrando poi, i vostri sensi facilmente cadranno in orgia. Costruito tra il 1905 ed il 1908 da Lluis Domenech i Montaner, questo edificio merita una visita. Se poi potete e volete, potreste anche assistere ad uno dei tanti spettacoli che qui vi si tengono (il biglietto costa intorno ai 40 euro!).
Il modernismo è stato reso possibile soprattutto dalla bonaria magnanimità delle ricche famiglie di Barcellona che mettevano mano al portafoglio e finanziavano i progetti. Lo sa bene questo Gaudì, massimo ma non unico esponente del modernismo catalano, che per tutta la vita venne accompagnato dal ricco industriale Guell che finanziò molti dei suoi progetti. Gaudì, che era solito dire "in natura non esistono linee rette" cercò di trasportare la monteplicità, l'armonia e le forme proprie delle bellezze naturali all'interno degli edifici che progettava. I risultati sono edifici assolutamente fantasmagorici, con pareti ondulate, soffitti a spirale, ringhiere che sembrano denti di squalo, colonne sinuose come i tronchi degli alberi. I suoi più grandi lavori sono LA PEDRERA, PALAU GUELL, lo straordinario PARC GUELL oltre che l'ineguagliabile CASA BATTLò, dove la sua audacia nel coniugare forme e architettura raggiunse il massimo livello. La casa, che gli intenditori dicono abbia come ispirazione il mare, è sinuosa, ricca di forme e punti luce, prese d'aria che ricordano le squame dei pesci, ricche decorazioni e mosaici fatti con materiali riciclati come ceramiche e fondi di bottiglia. Un edificio straordinario e fuori dal comune, vivo, quasi sembra che respiri; entrate, fatevi penetrare dalla sua moltitudine e non trattenete lo stupore. La casa è tuttora proprietà di privati che per mantenerla nella sua bellezza originaria fanno pagare un ingresso di 17,80 euro, fornendo ad ogni visitatore una radioguida nella propria lingua. Lasciate anche una firma del vostro passaggio nel libro presente in una delle sale.

Anche la SAGRADA FAMILIA, autentico simbolo di Barcellona, fu opera di Gaudì. Gaudì prese la direzione dei lavori nel 1882 e dedicò gli ultimi anni della sua vita a quest'opera. Purtroppo nel 1926, quando appena un quarto dell'opera era completata, Gaudì venne investito da un Tram e morì. Così la Sagrada Familia è un cantiere aperto ancora oggi, a causa di rallentamenti e mancanza di fondi; di fatto è lo scheletro di un imponente mostro neogotico in cerca di una propria dignità. L'interno è praticamente vuoto ma uscire dalla metro e trovarsi davanti le sue torri fa rabbrividire.
In tutta la città è possibile vedere l'influenza modernista sugli edifici; fontane di acqua e luce (zona Montjuic) e sculture pop part (sul lungo mare) sono rinvenibili passeggiando nella città.

OLTRE IL MODERNISMO
Barcellona fu anche patria di altri grandi artisti come Joan Mirò, del quale consiglio di visitare la fondazione che porta il suo nome e posso affermare essere una delle migliori tappe qui a Barcellona! Oltre alle opere di Mirò, ci sono altre opere contemporanee. Anche Picasso, sebbene nato a Malaga, passò parte della sua vita a Barcellona prima di trasferirsi definitivamente a Parigi. Passeggiando per la città vecchia potrete inoltre incontrare sulla vostra strada molte botteghe e luoghi dedicati alla creazione di sculture. Nessuna guida vi dirà di farlo, in quanto, la ricerca di luoghi intimi nel cuore della città è opera del viaggiotore curioso. Vi consiglio però di fare una visita alla Galeria MAXO'. In realtà non sapevo chi fosse, e continuo a non saperlo, ma la galleria è gratuita e aperta al pubblico. Al suo interno, oltre alle opere esposte e vendibili fatte reinventando i materiali più disparati come i tappi di sughero, c'è sempre un gruppetto di ragazzi che, quasi ingnorando la tua presenza, continua a verniciare, scolpire e creare. (www.maxorennella.com)
Altri luoghi da visitare sono il PARC DE LA CIUTADELLA, polmone verde di Barcellona dove potrete stendervi all'ombra su un prato o fare un giretto con la barca a remi in un laghetto artificiale, tra palme tartarughe e anatre in cerca di molliche. Non scartate una visita al MUSEO DI ARTE CONTEMPORANEA (www.macb.es) e, ma questo solo per l'ottima vista che offre sulla città e sul mare, il castello di Montjiuc, raggiungibile con una funivia; questo però, oltre la vista panoramica offre soltanto il museo militare. Se invece volete un museo fuori dal comune andate al MUSEO DELL'EROTICA, che espone una raccolta di sculture e dipinti che ruotano intorno all'eros: scottante! Una delle maggiori attrazioni è il grande ACQUARIO che ospita una grandissima varietà di pesci. Ma forse, se avete un cuore sensibile, vi piangerà nel vedere un grande predatore come lo squalo ripetere senza spinta lo stesso identico giro, con la stessa, vuota e scarica andatura. Pesci apatici e senza energia vitale tirano avanti entusiasmando il pubblico dei vedenti negli angusti spazi del pur grande acquario. Se avete figli al seguito però saranno felici di farvi visita.
Passeggiate inoltre sulla RAMBLA, sebbene via affollata e pullulante di negozi non certo originali. La Rambla è una lunga via che, partendo da Plaza della Catalunya arriva fino al mare, dove una statua di Colombo indica le americhe al grido di "Terra!". Ai suoi lati piccole stradine immettono nella Barcellona locale, tipica ed intima, dove potrete trovare piacevoli sorprese e negozi bizzarri. Potreste riuscire anche a trovare i segni della possente immigrazione capitando nel quartiere nero, dove parrucchieri di colore fanno le acconciature ai loro connazionali mentre altri si lasciano andare ad un motivetto rap improvvisato. La Ramba è disseminata di Fast Food e negozi di grandi marche internazionali, ma la via è anche una vera estasi giocosa grazie ai numerosi artisti di strada che fanno dei suoi argini il proprio luogo di lavoro. Uno spettacolo davvero divertente e colorato!

MANGIARE E ALLOGGIARE
Il mio consiglio è quello di trovarvi un appartamento. Questa è una dritta che vi dò per una mia semplice filosogia di viaggio che è quella di avere una cucina a disposizione per non spendere un patrimonio mangiando fuori (e non dovervi operare al fegato al ritorno). E credetemi: se non state attenti a come vi muovete rischiate di prendere belle batoste per uno spuntino! Perciò scegliete un appartamento con cucina. È difficile trovare Ostelli con la Self-Catering ma i trovano facilmente stanze di appartamenti in condivisione (noi abbiamo scelto una stanza doppia a 25 euro a persona. Cercate Bni Market Inn su Hostelsword.com). Praticamente ogni zona ha un grande mercato di frutta e verdura; non sono i soliti mercati che siamo abituati a vedere, ma sono delle vere e proprie metropoli di frutta e ortaggi, chiassosi e colorati. In tutta Barcellona inoltre ci sono moltissimi forni che vendono pane e dolci molto buoni a tutte le ore. Per il pranzo vi consiglio di farcirvi da voi (verdure per i veg, jamon serrano per i carnivori) una baguette presa al forno. Un panino fai da te, almeno per il pranzo, è un'ottima soluzione; a meno che non vogliate spendere 20 euro in una bocadilleria! (un vero furto legalizzato!). Altrimenti, sempre per il pranzo, potete scegliere una via non proprio preferibile ma che vi salva da situazioni di difficoltà: entrate in fastfood come Pan's (che offre Baguette con Tortillas) o come l'ottimo VIENA che è stato una vera rivelazione. Per la sera attenti a come vi muovete; è pieno di Bar-Ristorante: non entrate nei luoghi che offrono questo binomio e che espongono foto all'esterno di piatti uguali per tutti. Ne troverete uno ogni 5 metri e sono quasi sempre vuoti, se non fosse per bevitori e qualche sfortunato viaggiatore affamato. I tavolini sono spogli e ti viene apparecchiato solo per te, fortunato viaggiatore!! (ahi!!). Magari si paga anche poco se vi dice bene, ma il cibo è scadente. Per farvi un paragone vi pongo questa domanda: andreste mai a mangiare un piatto di pasta in un pub? Ecco! Ci siamo intesi! Se volete mangiare bene, e spendere anche poco (meno della bocadilleria!) dovete andare nei veri ristoranti, o nelle taverne nascoste nei vicoletti antichi. Mangiate tipico ovviamente, non siate i soliti nostrani che ricercano la cucina italiana mi raccomando. Ci sono dei ristorantini come LA FONDA (al quale sono andato grazie ad una recensione di Ciao! =)), ma soprattutto il mitico LA RITA (www.la-rita.com) dove, si mangia bene - molto bene - e si spende poco (23 a persona per 2 primi, 2 secondi, 2 dolci e una bottiglia di bianco).
I piatti che non dovete farmi mancare sono: la paella, che sebbene Valenciana è un piatto tipico catalano; LAS MANDONGUILLES AMB SIPIA, ovvero polpette di vitella con seppie: infatti i catalani mischiano carne e pesce senza scrupoli, ma se assaggiate una Mandonguilles dovrete riscrivere le gerarchie dei vostri gusti culinari. Poi assaggiate la FIDEUà, una sorta di pasta locale condita con la salsa ALLIOLI, che è una tipica salsa catalana con base di aglio. La CREMA CATALANA è sicuramente un istituzione nel campo dei dolci, ma i catalani se la cavano molto bene in quel campo. Se vi capita nel menu il DOLCE DI TIM BAON provatelo: due tavolette di gelato con mandorle coperte di crema catalana, il tutto affogato nel cioccolato fuso! Una leccornia da veri golosi!

ps. sulla rambla vi capiterà di vedere dei boccaloni di sangria. Prima di sedervi chiedete il prezzo, anche se credo che il bicchiere piccolo contenga almeno un litro, vedervi arrivare lo scontrino con scritto 30 euro per due bicchieri vi lascia un po' sotto shock se non siete preparati.

TRASPORTI
Dipende da dove alloggiate; se vi trovate in un punto centrale potrete raggiungere agevolmente a piedi tutte le principali attrazioni. Però forse è il caso che un piccolo ausilio meccanico ogni tanto lo usiate. Ad esempio prendete la funivia per arrivare al castello di Montjiuc o un autobus (il 24) per arrivare a Parc Guell. Ben due metro hanno la fermata alla Sagrada Familia ed ogni punto è raggiungibile abilmente con metro o bus. Sei linee metropolitane (L1, L2, L3, L4, L5, L11) sono un ottimo modo per spostarsi in maniera rapida in città. Una corsa singola costa 1.40 euro, ma scegliete un abbonamento o meglio ancora, i comodissimi biglietti integrati da 10 timbrature al costo di7.95 euro; questi ultimi potrebbero rivelarsi più convenienti degli altri abbonamenti disponibili. Tutto dipende dal numero di spostamenti che farete. Fatevi i conti. Una timbratura dura 75 minuti. Pertanto per un soggiorno di 5 giorni potrebbero bastarvi uno o massimo due biglietti da 10 viaggi. Ad ogni timbratura sul retro compare il numero di viaggi che vi restano da convalidare.
Le tariffe degli altri abbonamenti sono:
1 giorno 6 €
2 giorni 11.20 €
3 giorni 15.90 €
4 giorni 20.40 €
5 giorni 24.10 €
Targeta Familiare per 70 viaggi 46.75 €

Noi abbiamo optato per un biglietto da 10 viaggi a testa e ci sono perfino avanzate 3 convalide. Le metro chiudono a mezzanotte durante la settimana e alle 2 nel week end. Ma la città, che pulsa anche di notte fino ai bagliori dell'alba, è collegata ottimamente da un servizio di bus notturni.
Se arrivate all'aeroporto di Girona, un bus privato con un costo del biglietto di 12 €, che scende a 21 se prendete subito andata e ritorno, vi porta fino alla Estacion del Norte in prossimità della fermata metropolitana di Arc De Trionf.

ALTRO
La città è abbastanza ordinata e pulita (e se avete qualcosa in contrario con questa affermazione venite a Roma!). Gli automobilisti sono corretti: si fermano alle strisce e non strombazzano ossessivamente con il clacson. La gente è cordiale e sorridente in tutti i negozi; difficilmente farete incontri con persone scortesi. Potete parlare lo spagnolo anche se la lingua ufficiale è il catalano. Ovviamente state attenti, come in ogni città metropolitana, ai vostri averi; anche se devo devo dire che tutto questo grande pericolo di cui mi avevano avvertito non l'ho percepito. La città inoltre, nonostante abbia la nomina d'essere luogo festoso e caotico si è presentato ai miei occhi abbastanza placido: tutto il clamore proviene dai turisti. Infatti i Barcellonesi non li vedi quasi mai. Sembrano addormentati nelle loro faccende senza sforzo eccessivo. Non c'è lo stesso clima d'esasperazione e di corsa che c'è qui. Non l'avrei mai detto, ma potrei arrivare perfino ad affermare che a Barcellona ho potuto scorgere un quieto vivere che non vedo in altre città italiane. L'aria non è infetta, e non c'è la stessa tensione che respiriamo qui. Forse è che, oggi come oggi, il nostro è un paese malato. Ma non è questo il luogo dove parlare di noi. Perciò prendete una mappa, una guida e tuffatevi alla scoperta di Barcellona.

SUGGERIMETI: 3 LINK

per mangiare: www.la-rita.com
souvenir e ceramiche: www.escudellers-art.com
galerià maxò: www.maxorennella.com

a cura di Alessandro Giova

Questa Mini-Guida è leggibile anche sul mio profilo di

mercoledì 4 agosto 2010

Se questo è vandalismo


"Daniele Nicolosi, in arte Bros, io in futuro condannerò te e i tuoi simili perché non importa il valore artististico della vostra bomboletta: per noi è comunque reato."

Sebbene il primo processo nei confronti di un graffitario si sia concluso con il proscioglimento, il giudice di Milano ha sancito il principio che mette al bando ogni opera dei writers. E ciò non vale soltanto per quelle opere - o meglio scarabocchi - che imbrattano le nostre metropolitane, che lasciano una sfumatura sulle serrande o sul grigio e decadente costone di un palazzo. La condanna è estesa anche a quei graffiti che hanno un alto valore artistico. Quindi da oggi non importa se il graffito in questione abbia o meno i requisiti per essere considerato un effettivo sgarro al decoro urbano (quale?), anche se il tuo nome fosse Pablo Picasso ciò che tu fai potrebbe essere considerato vandalismo. Anzi, senza potrebbe è senz'altro vandalismo il graffito che cambia "la fisionomia estetica e la nettezza attribuite al bene". E perché non aggiungere che è vandalismo tutto ciò che da colore alla vita? Perché non aggiungere che è vandalismo tutto ciò che annienta il grigiore delle decadenti città? Cambia la nettezza un graffito, e non cambia la nettezza un panetto di 30 centimetri di locandine elettorali attaccate un po' ovunque, che va sbriciolandosi sotto la pioggia? A qualcuno non viene in mente che si potrebbe anche dare una punta di colore alle città, o indire un bando pubblico per la riqualificazione di edifici decadenti, spogli e tristemente incolori? Se si trattasse di ordinari sfregi, obrobri impiastricciati di vernice messa alla buona su monumenti storici allora sì, la parola vandalismo avrebbe certamente un significato più elevato. Ma nelle circostanze, quando si tratta di "cambiare la fisionomia" di una galleria, di una colata di cemento informe, vitalizzandola e dandole vita, non sarebbe meglio applicare tutte le tutele del caso e proteggere un qualcosa che ha un comprovato valore artistico? No. Non è così. Le nostre città devono essere grige di fumo, devono essere a prova di gioia, di sentimento. Devono essere spoglie di ogni emozione, perché le emozioni non sono per gli uomini seri. Gli uomini seri lavorano e fanno crescere il prodotto interno lordo del paese. Gli uomini seri non scrivono sui muri. Gli uomini seri sono bambini ai quali qualcuno ha rovinato l'infanzia togliendo i pennelli, la penna, l'armonica o qualsiasi altro strumento di libertà. Gli uomini seri hanno pesanti pregiudizi altrimenti inviterebbero a cena persone come Bros, writer apprezzato e stimato nel mondo, che ha esposto le sue opere perfino al Palazzo Reale. Altrimenti, affiderebbero il restauro degli angoli più bui e tetri della decadenza urbana a persone come Daniele Nicolosi, in arte Bros. Gli uomini seri sono seri ma non svegli, perché non riescono nemmeno a capire quanto una rivoluzione in tal senso non solo darebbe nuova vita alle città, ma le renderebbe ancor più floride grazie anche ad una certa curiosità turistica che potrebbero attirare. Ma anche un'area pubblica appositamente destinata alle opere dei writers non sarebbe poi tanto male. Basterebbe poco, pochissimo: degli uomini un po' meno seri e un po' più intelligenti.

martedì 13 luglio 2010

Notte d'esami e di cultura alla Sapienza.


La Luna piena minchionò la Lucciola:
- Sarà l'effetto de l'economia,

ma quel lume che porti è debboluccio...
-
Sì, - disse quella - ma la luce è mia!


-Trilussa-


Da ieri fanno esami all'aperto, sotto il sole con i tavoli messi sui prati o su una panchina all'ombra. E già questo lo si può considerare un atto di coraggio, date le temperature insopportabili di questi giorni. La singolare protesta è stata messa in atto dai docenti della Facoltà di Lettere dell'università La Sapienza. Si era parlato di blocco degli esami; blocco che fortunatamente è stato scongiurato. Si è scelta una via che non danneggiasse lo studente, una via che il Rettore Frati ha definito folcloristica: esami all'aperto e di notte a lume di candela. Una protesta, forse non troppo rumorosa, ma simbolica e soprattutto pacifica, sebbene qualcuno provi comunque ad alzare i toni e creare il solito clima da guerriglia. Mi riferisco all'infelice uscita del senatore pdl Palmizio, che starnazza di "reprimere i docenti che aderiranno". Una parola forte repressione, ma con questo caldo si può capire che le connessioni cerebrali vengano a mancare.

Esami di notte e all'aperto. Una protesta che usa elementi come terra e oscurità per suonare un campanello d'allarme sul futuro dell'università: siamo con il culo a terra e si prospettano anni bui. Questo in sintesi il messaggio che viene trasmesso all'esterno. Nelle camere alte del potere passerà di nuovo inosservato, ma se non altro, mettersi a nudo potrebbe creare un riavvicinamento del cittadino medio, troppo sconvolto da parole come "fannullone" e "merito" pur non conoscendone il contesto. Meglio un esame in strada, che un'ora di televisione al chiuso! Meglio mettersi a nudo che rintanarsi nelle proprie nicchie.
Dalle 21.00 di martedì inoltre, nella città universitaria, saranno affrontate delle letture con tema la notte. Non solo esami quindi. La protesta, assume anche i connotati dell'evento culturale. Verranno recitati e lette poesie, letture in prosa, dialoghi. Un evento questo, organizzato dagli studenti e che gli stessi studenti svolgeranno. E sarà bello potere andare a spasso per la sapienza, godersi le stelle e le voci recitanti. "Basta un colpo di penna" qualcuno disse. Basta davvero? A cosa? Alla rivoluzione o al risveglio? Non credo più alle rivoluzioni: non alle rivoluzioni senza risveglio.

sabato 10 luglio 2010

La libertà di stampa e il Signor B: un diritto relativo


Silvio Berlusconi è uscito allo scoperto finalmente. "Evviva la sincerità" si potrebbe dire; o anche "santa retorica!". Durante l'assemblea dei Promotori della Libertà, il che, rende il tutto alquanto grottesco, il premier ha sostenuto che la libertà di stampa non è un diritto assoluto. E già questa è una prima contraddizione con parola libertà: meglio allora sarebbe chiamarsi promotori di Semi-Libertà, o Libertà ad personam. In verità le sue parole non dicono niente di nuovo. Le libertà, prima su tutti quella di stampa, sono per Berlusconi degli status abbastanza spiacevoli. Ammettere e riconoscere la piena libertà significherebbe per il Signor B un lento e inesorabile declino accompagnato dall'accrescimento della consapevolezza pubblica. E questo il Signor B lo sà e per questo tira l'acqua al suo mulino, mantenendo nonostante tutto, la (fallace) immagine di promotore di libertà. Bisogna saper leggere le parole, nel loro senso più profondo.

Il signor B ha dichiarato che il bavaglio alla libertà non lo sta mettendo lui e la sua maggioranza con il Ddl sulle intercettazioni ma la stampa, «una stampa schierata con la sinistra e pregiudizialmente ostile al governo. Una stampa che disinforma, che non solo distorce la realtà, ma calpesta in modo sistematico il sacrosanto diritto dei cittadini alla privacy, invocando per sè la ‘libertà di stampa’ come se si trattasse di un diritto assoluto. Ma in democrazia non esistono diritti assoluti, perché ciascun diritto incontra sempre un limite negli altri diritti prioritariamente ed egualmente meritevoli di tutela».

Bene. Emerge subito che il premier non crede tanto nella libertà assoluta dell'individuo, ma tanto nella propria libertà personale, il che mi pare un principio pressoché illiberale. Ma difficilmente il votante medio può capire un concetto così semplice. Berlusconi è un divo da televisione e purtroppo allo stato attuale delle cose, la gente comune è legata a lui da un meccanismo di adesione inconscio che la fa aderire sommariamente ed inconsapevolmente alle sue parole. Infatti molti Berlusconiani, ripetono le parole del loro "idolo" anziché cercarne di proprie.

La seconda cosa che emerge, anche questo noto da tempo, è l'avversione per il colore rosso. Solita cantilena: tutto ciò che sfugge al suo controllo è frutto di un complotto (talvolta internazionale: vedi quotidiani stranieri) delle sinistre. È riuscito diligentemente a creare una paura incondizionata nei confronti della sinistra, un clima da caccia alle streghe che lo mette a riparo anche dagli scandali più eclatanti. Basta dire la parola magica: complotto. Ed ancora c'è chi ci crede ciecamente.

Infine c'è il vano tentativo di affabulare l'opinione pubblica: "Una stampa che disinforma, che non solo distorce la realtà, ma calpesta in modo sistematico il sacrosanto diritto dei cittadini alla privacy, invocando per sè la ‘libertà di stampa’ come se si trattasse di un diritto assoluto". Quel sacrosanto diritto alla privacy dei cittadini! Ma di quali cittadini si parla? Possibile ci sia chi crede davvero che il proprio telefono sia controllato, che le proprie vite siano messe al setaccio? Ciò che si cerca di difendere qui, non sono i comuni cittadini, quelli che hanno una vita pacata e tranquilla, o per così dire "pulita", bensì, quella dei cittadini che sono anche personaggi pubblici. Si può parlare di privacy in quel caso? Si può parlare di privacy quando si parla di appalti, di corruzione o altri reati che investono si la sfera privata di un individuo, ma lucrano sulle vite altrui? In realtà la sfera intima non viene mai toccata (a parte quelle deprimenti riviste di gossip che però sono care al premier). Ecco, privacy dovrebbe essere sinonimo di "sfera intima" e non di offuscamento. Se un personaggio pubblico, che viene eletto dal cittadino, ha un comportamento scorretto che va contro l'interesse del cittadino stesso, allora è giusto che quel cittadino venga informato di questo. È questa la libertà di informazione, che si riflette nella libertà di stampa che il premier rigetta compe principio relativistico e personale da usare a sua discrezione. Insomma, quale cittadino è stato mai privato della sua privacy? A dire il vero qualcuno me ne verrebbe in mente. Mi vengono in mente certe telenovele da telegiornale che escono sempre nel periodo estivo: Sollecito, Franzoni ed altri gialli da tv (per non parlare di Barbara D'Urso!). Persone comuni, messe sotto i riflettori, seguite nell'intero corso del proprio svolgimento giudiziale. In quel caso, qual'è il confine della tanto agognata privacy? E delle irruzioni giornalistiche nei luoghi delle tragedie: "signora, suo figlio è morto tragicamente, come si sente? Che ragazzo era?" Quelle non sono considerate violazione di privacy? No, e questo perché sono violazioni non nocive per il controllo politico. Privacy assume sempre più l'aspetto di un neologismo furfantesco: è privacy tutto ciò che è sporco e da occultare. Ed un esempio viene proprio dalle tv del premier; basti pensare ai tanti truffatori smascherati da Striscia la Notizia che ribattono reclamando la propria privacy. E cosa risponde in genere il giornalista? - Ma lei ha truffato della gente lucrando sulle disgrazie, quale privacy? Ecco appunto: quale privacy. È la stessa identica domanda che dobbiamo porci di fronte agli scandali politici che cercano di mascherare come diritto dei cittadini alla riservatezza.

martedì 15 giugno 2010

Afghanistan: missione compiuta?


Missione di pace o esplorativa? Viene da chiederselo. Gli uomini di buon senso sanno che la risposta più plausibile è la B. Gli uomini di buon senso lo sanno: investire ogni anno miliardi in spese militari -soprattutto quando si fa un gran parlare di crisi e taglio della spesa pubblica- è un'operazione che si fa nella speranza di veder moltiplicati i capitali investiti. È soprattutto questo la guerra: un investimento. Non si va nei posti già prosciugati, polverosi, dove la gente è oppressa dalle dittature. Sebbene si muoia un po' ovunque, un posto non vale l'altro. Allora ci si può anche dimenticare di quei terreni aridi, di quelle dittature senza speranza negli ostili meandri dell'Africa nera. Meglio fare una "guerra democratica" laddove ci sono terre ancora inesplorate. Quei posti dove un giorno come gli altri -ma diverso dagli altri- può farti passare sotto il naso miliardi di dollari. È stato così per il petrolio iracheno, ora lo sarà per i minerali dell'Afghanistan. La guerra ha sempre un doppio fine. Anzi, unico fine: quello di sfruttare la debolezza politica di un territorio per appropriarsi delle risorse del territorio stesso.

Forse molti c'erano cascati con la farsa della democrazia da esportare. Forse molti ci credevo che quello che si dice in tv è verità. Forse quegli stessi creduloni avranno pianto di fronte ai feretri degli eroi. Lacrime vane? No, assolutamente. In Afghanistan i geologi del Pentagono (ma no?) hanno scoperto ricchi giacimenti minerali per miliardi di tonnellate. Tonnellate che, convertite in dollari ad un saggio di cambio ragionevole, potranno veder fruttate altrettanti e più miliardi. Oro, cobalto, rame e litio, quest'ultimo minerale essenziale per la produzione di pc e cellulari. Potrebbe sembrare una sorpresa, ma la macchina della colonizzazione sa bene dove puntare i propri cannoni e questa scoperta non deve stupire. Ci sono voluti 9 anni per capire se il gioco sarebbe valso la candela. Ci sono voluti militari morti ma anche civili afghani ingiustamente ammazzati. Ci sono volute campagne demagogiche, manipolazioni, neologismi e un po' di retorica per cammuffare agli occhi dell'uomo distratto il reale intento di questa guerra. O qualcuno crede davvero che le guerre si facciano per fini umanitari? Balle! Da quando è nato l'uomo le guerre si fanno per appropriarsi delle ricchezze altrui. Avete una soluzione migliore? Esponetela insieme alla motivazione del perché geologi americani si trovassero sul territorio afghano.

Ricchi uomini d'occidente si stanno già lustrando le mani. Ora la nuova storia da raccontare sarà quella di un Afghanistan ricco grazie alle meraviglie che il territorio gli ha riservato. Intanto si preparano le caravelle per una nuova spedizione. Si preparano ingenti mezzi. La crisi è più lontana. Il vento soffia verso l'Afghanistan e i nostri esploratori sono pronti a salpare. Un nuovo Eldorato si prospetta all'orizzonte per gli avventurieri: soldi, soldi a palate (o picconate) e un po' di manovalanza Afghana. È il minimo diranno per aver esportato progresso e democrazia. Missione compiuta verrebbe da dire.

domenica 6 giugno 2010

Vi organizzo un viaggio con meno di 100 euro!


È possibile prenotare una vacanza spendendo meno di 100 euro? Sì.
Sento dire spesso, soprattutto in questi tempi di crisi, che i soldi sono così pochi da impedire anche di prenotare un bel viaggio. In realtà, non è che la volontà di viaggiare che manca. Certo, qualora foste intenzionati a fare un viaggio alle maldive, spendendo un capitale per veder decomporre le vostre membra su una sdraio, chiudete immediatamente questa pagina. Qui si parla di viaggi e non di vacanze. Non si tratta di spendere 600 euro per un villaggio; queste sono occasioni da divoratori di emozioni, da viaggiatori appunto. Con meno di 100 euro vi ho organizzato un viaggio, che spero molti coglieranno al volo. Un viaggio di tutto rispetto.
Chissà quanti tra voi sono stati in cerca di un viaggio low cost, allettati da pubblicità varie aprivano siti (edreams, easyjet, ecc.) che promettevano voli a 1 euro, e poi invece ti portavano a spendere circa 150 euro per un'andata ed un ritorno? Quel famoso "a partire da" che non riuscirai mai a beccare! Di questo invece ti puoi fidare: ho cercato già il volo, l'orario, l'hotel o Ostello. Devi solo dire: prenoto!

Mentre ero alla ricerca di sistemazioni e voli per il mio viaggio, mi è capitato di vedere anche altre offerte. Quello che vi propongo è un viaggio a Francoforte di 5 giorni nell'ultima settimana di luglio. Francoforte è la quinta città tedesca per numero di abitanti.
Fino a martedì sarà possibile prenotare con Ryanair un volo andata e ritorno per Francoforte, spendendo soltanto 19.98 euro (9.99 per ogni tratta e senza tasse!). Inoltre, gli orari dei voli sono molto favorevoli. Giovedì 22 luglio il volo d'andata, partendo dall'aeroporto di Roma Ciampino, è alle ore 8.20 di mattina. Ciò significa che non perderete il primo giorno, come spesso accade e potrete scegliere di stare una notte in meno. Il ritorno è previsto per Lunedì 26 Luglio, ed anche qui l'orario è favorevole: ore 20.00. Ciò significa che potrete farvi 5 giorni pieni. Ecco, ora avete il vostro volo andata e ritorno per Francoforte a soli 19.98 euro. Questo se partite da Roma. In caso partiate da Milano il biglietto viene soltanto 4 euro, per un totale di 8 euro ed anche questo senza tasse! I giorni sono gli stessi e le partenze sono ore 8.15 l'andata, 20.35 il ritorno.

Passiamo ora all'alloggio; ho raccolto diverse informazioni e selezionato diverse sistemazioni (da 2 e più persone, fino alla camerata) da Hostelworld:

- Frankfurt Hostel, 4 notti, dal 22 al 26, in camerata mista da 10 con bagno, 19 euro a notte (tot. 76 + 19.98 = 95.98); indice di pulizia 76%; posizione 93%; colazione inclusa.
- Hotel Garni Djaran, matrimoniale con bagno condiviso, 20 euro a notte con bagno condiviso (tot. 80 + 19.98 = 99.98). Pulizia 70%, posizione 50%. Colazione non inclusa (5€ in hotel); oppure camerata da 4 a 15.50 euro a notte (tot. 62 + 19.98 = 81.98)
- Colour Hotel, matrimoniale a 21 euro a notte con bagno condiviso oppure privata da quattro con bagno a 19,50 a notte. Pulizia 82%, posizione 93%. Colazione non in inclusa (8 euro in hotel)
- Hotel Europa, tripla con bagno a 20 euro a notte. Colazione inclusa. Pulizia 86%, posizione 94%.

Oppure, due soluzione a portata di aeroporto:

- Advance Hotel zum Hahn, a soli 2 chilometri dall'aeroporto di Francoforte Hahn offre stanze matrimoniali o doppie private a 22,50 e triple con bagno a 16,67. Il trasporto dall'aeroporto è gratuito ma purtroppo non offrono la colazione (7,50 € in hotel). Pulizia 93%, posizione 76%.
- in ultimo, la Gasthaus Pension Zur Post, che ha solo matrimoniali con bagno condiviso a 20 euro a notte. Anche qui niente colazione.

Queste sono alcuni suggerimenti, poi potreste anche trovare sistemazioni migliori spulciando su Hostelworld o altri siti. Purtroppo ci sono pochi ostelli, e non ho trovato neanche un Ostello che disponesse di Self-Catering. Però il ventaglio di opzioni è ampio e il costo (volo + pernottamento) va dal valore più basso 81,98 in camerata da 4 se scegliete l'Hotel Garni Djaran, al più alto di 109.98 se prendete una doppia all'Advance Hotel.
Insomma, avete l'occasione di farvi il vostro viaggio con soli 100 euro, un viaggio di tutto rispetto in una città europea senza dover necessariamente alloggiare coi topi (indici di pulizia tutti alti). Perciò affrettatevi, l'offerta Ryanair è valida fino a martedì. Buon Viaggio!

Riassunto

Città: Francoforte (Germania)
Periodo: 22 Luglio-26 luglio
Compagnia aerea: Ryanair
Prenotazione alloggi: Hostelworld
Costo totale (volo + pernottamento): da 81,98 € a 109.98 € con partenza da Roma
da 70 € a 98 € con partenza da Milano

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sabato 29 maggio 2010

Schizofrenia da consumo: ecco l'ipad.



È arrivato l'ipad, gli idioti c'erano già. C'era chi l'ha ordinato da internet e l'ha avuto in anticipo, chi si è messo in coda ai negozi, chi sostiene che da un anno risparmia per poterlo acquistare. Ma a vincere sicuramente sono stati quel gruppetto di folli che s'è accampato a dormire davanti ai negozi. Manco fossero le ultime riserve alimentari del pianeta. Il più venduto dicono sia stato quello più costoso (800 euro); alla faccia della crisi! Mi chiedo cosa ci sia di così sensazionale: guarirà dai tumori? Permetterà di risolvere i problemi ambientali? Guarirà i pazzi e i depressi si sdepresseranno con buona pace degli psicologi che dovranno trovarsi un nuovo lavoro? Quest'ultimo punto, forse, il meno desiderabile: dove ce la mettiamo ora questa nuova forza lavoro?

Mi rimane difficile comprendere l'euforia, l'incontenibile follia, il desiderio ossessivo per un oggetto che fin'ora nelle nostre vite non c'è stato e che ora sembra necessario alla sopravvivenza. Ho letto un'intervista dove il consumatore evidenziava il fatto che lui aveva risparmiato un anno per arrivare a questo giorno. Pensare che io me ne sono accorto solo qualche giorno fa che arrivava questo "icoso". Sfogliando Repubblica c'era un inserto pubblicitario che diceva che tra poco Repubblica si sarebbe potuta leggere sull'ipad. Anziché esclamare wow!, la mia domanda è stata: e che cos'è un ipad? A che serve? Ho reperito informazioni e dovrebbe essere una tavoletta che può contenere al suo interno una serie di applicazioni, libri, quotidiani. Ho cercato delle foto ed ho visto le sue dimensioni: come faccio ad andare in giro con un oggetto del genere? Almeno il giornale cartaceo se la panchina era bagnata potevi metterlo sotto le chiappe! Non riesco ad afferrarne uso ed utilità. È da portare in giro o da consumare a casa?

Un'essenzialità di plastica, l'ennesima idiozia della modernità che crea dipendenza e bisogno di un oggetto mai avuto. Il sorriso dei dittatori del pil che sperano che l'innovazione sollevi l'economia. Il luccichio degli articoli di giornali, delle pubblicità, l'enfasi delle televisione: vento che ha spinto la gente a credere che ciò fosse necessario. Ecco l'ipad, l'ultimo ritrovato delle essenzialità di plastica. Guardo il mio "Novelle per un anno" di Luigi Pirandello, acquistato in un mercatino e finito di stampare il 4 febbraio 1943. Ingiallito ma perfettamente sfogliabile, leggibile, con lo stesso identico aroma di carta viva! Che ne sarà di un ipad quando varcherà la soglia dei 70 anni? E dei suoi contenuti? Persi. La modernità e la tecnologia decreteranno la fine della storia dell'uomo. Non ci sarà sempre questo lusso, e se un giorno dovesse avvenire una catastrofe che decreterà la fine dell'elettronica, che ne sarà del sapere accumulato in formato digitale? Perduto per sempre. E-book e ipad saranno relitti senza quel fascino lucente che li aveva fatti esaltare al loro fiorire. Ma rimarrà sempre, ancor più gialla, ma leggibile, quella fantastica edizione delle "Novelle per un anno" finita di stampare il 4 febbraio 1943.

lunedì 10 maggio 2010

Un importante ricerca sul sonno.


Un gruppo di ricercatori inglesi, in collaborazione con i ricercatori dell'università di Napoli, hanno condotto uno studio sul sonno per vedere quanto il sonno sia importante per la nostra esistenza. Fin da piccoli ci hanno martellato la testa con la storia del dormire almeno 8 ore. Il che vuol dire che già in partenza dormiamo 1/3 della nostra vita. Ce ne rimangono 2/3. La ricerca però non era tesa a svelare quanto ci rimane da vivere (in parte sì), bensì era rivolta a studiarne gli effetti sulla nostra vita.

Gli studiosi hanno confermato che bisogna dormire tra le 6 e le 8 ore. Un tempo lessi che il cervello per memorizzare la giornata e metterla nel cassetto dei ricordi doveva dormire almeno 6 ore. Dormire meno di 6 ore porta a non registrare tutte le informazioni raccolte durante il giorno. Per un periodo abbastanza lungo ho cercato di perdere meno ricordi possibili e cercare di far rientrare il mio sonno in un arco di almeno 6 ore. Piano piano sto scendendo ad accettare la soglia delle 5 ore. Mi costerà un'ora di ricordi? E sia, spero solo sia un'ora lavorativa!

Tra i risultati più allarmanti che emergono dalla ricerca, c'è la stima della vita media dei dormienti. Emerge infatti che chi dorme meno di 6 ore a notte, ha il 15% di possibilità in più di morire prima dei 65 anni. Ma chi dorme più di 8 ore ha il 30% in più di possibilità di morire prima di quelli che dormono meno di 6 ore. Alla luce di questi dati, la stima della vita (che dorme meno di 6 nella settimana, e più di 8 nel week end) del sottoscritto presenta notevoli problemi, che andrebbero valutati con l'ausilio di una tavola statistica, o la stima di un valore delle ore di sonno ponderato.

Vorrei incontrare questi emeriti studiosi e chiedergli come hanno fatto. Hanno per caso riesumato i morti chiedendo loro quante ore dormissero, constatando che i morti prima dei 65 anni dormivano o troppo poco o troppo a lungo e che, i morti dopo i 65 anni avevano un valore minimo di 6 ed un valore massimo di 8. Oppure hanno seguito degli individui per l'intero arco della loro vita, segnando notte dopo notte tutte le ore delle loro dormite mettendo una X al giorno della loro morte. O ancora, facendo una stima del livore delle occhiaie, hanno stabilito una scala di colore che misura quanto resta da vivere ad un individuo? Ma soprattutto, non ci avranno dormito la notte per fare questa ricerca?


Conclusione:
Ma non sarà semplicemente che chi sta in salute dorme meglio??

lunedì 3 maggio 2010

L'ultimo show man: sulla morte di Vianello.

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"Raimondo! Raimondo!".. Ho queste parole che echeggiano nella mia testa; le ho sentite pronunciare dalla voce rotta dal pianto di Sandra Mondaini. Lo hanno trasmesso i telegiornali, ormai contenitori di strazianti cronache e testimonianze di dolore. Non lo avrebbe fatto in quel modo il servizio della sua morte il signor Vianello, no. Lui, persona ironica, d'umorismo fine, inglese, ci avrebbe scherzato su. L'avrebbe presa con gioconda ilarità. Questo era il suo stile: è quello che traspare anche da una delle sue ultime interviste, quando, salutando l'amico Mike Buongiorno, disse "mike, aspettaci". E ci scherzava. Perché Vianello era così e perché in fondo se per 80 anni hai sorriso e fatto sorridere, che mai può spaventarti della morte?

Ebbene, mi piace immaginarlo ascendere con il suo sorriso, un satiro leggero alla corte di Dio. Cosa ci lascia? Eh, il peggio è certamente tutto nostro. Ogni volta che un grande se ne va, molti sono preso da sgomento. Oggi ancor di più, perché viviamo una deprimente transizione (in peggio) del grande circo televisivo. Vedere le immagini di casa Vianello, la semplicità e la finezza del suo umorismo, non può che mettere un'immediata nostalgia. Certo, Vianello già da tempo era una sporadica rimenbranza nei palinsesti, inserito nell'album dei ricordi di una televisione che un tempo era almeno gentile, elegante. Elegante è il termine giusto. Sì, Vianello, come anche Gino Bramieri, erano commedianti televisivi eleganti. Come non piangere la scomparsa di questi grandi personaggi, quando quello stesso schermo a distanza di pochi anni si riempe di risate volgari, di meschinità, di non sensi e format che hanno solo il gusto dell'audience per famelici pubblicitari?

"Raimondo! Raimondo!" Non è solo Sandra che ti chiama. Lo fa anche chi da anni non accende la tv o lo fa in rare occasioni e che, ai tuoi tempi invece, ti guardava con gusto. Un gusto un po' teatrale, schietto, raffinato. Ci lasci con il tuo corpo in balia di una tv ormai barbara, che ha perso quell'intrattenimento docile dei suoi maestri. Quella satira sì, spesso corrosiva, ma mai offensiva. Quella tv, ormai lontana e che non dispensava odio, ma che aveva ancora un nobile scopo di diffondere qualcosa: la passione. Altra parola fondamentale la passione: passione con il quale hai svolto il tuo mestiere di mercante di sorrisi, di frecciatine sarcatische. Quella passione che bisognerebbe insegnare ai nuovi show man, mossi dall'esibizionismo e dal successo, e per arrivare a tanto disposti anche a cadere nel trush. Che importa diranno, l'eleganza è morta, il successo è barbaro, la passione è frivola, i soldi gonfiano le vele di questo veliero produttore di illusioni irreali. Ed ecco. Irreale. Siamo al culmine. Ci propinano l'irreale spacciandolo per reale. Ma tu, che della finzione scenica hai fatto il tuo mestiere della vita, non ci hai mai ingannato. Eri vero. Perfino quando con le tue frecciatine schernivi la tua Amata Sandra, guardavi la telecamera, col tuo occhio vispo: una luce improvvisa passava, come a dire "Non ci credete. Amo da morire la mia Sandra".
Ciao Raimondo, uomo di televisione, una televisione ch'era tutta un'altra storia. Ora si cambia canale; anzi no: la spegniamo del tutto, a meno che tu non decida di tornare.