Referral Banners HUMUS: settembre 2010

mercoledì 29 settembre 2010

Risotto al delirio di curcuma

Cosa vi propone oggi Humus? Una buonissima ricetta improvvisata e deliziosa.
La ricetta è stata inventata su due piedi da colui che scrive: deliziosa, delicata e semplice da fare. Prima però, un piccolo accorgimento: essendo cuoco anarchico, non sono menzionate le quantità e tutto si riduce al gusto dello cheff di turno.

Ingredienti

Riso, melanzane, aglio, seitan, fagioli, curcuma, gomasio, salvia o altre spezie a piacimento.

Preparazione

Prendete due padelle, mettete un filo d'olio e fate rosolare l'aglio. In una metterete a cuocere le melanzane, nell'altro i fagioli (vanno bene quelli in scatola). Aggiungete un filo d'acqua alle melanzane e mettete a fuoco basso, coprite e fate cuocere con il vapore così da non perdere i suoi preziosi nutrienti. Questo espediente potete utilizzarlo ogni volta che cuocete verdure: rimarranno deliziosamente morbide e non disperderanno il proprio potenziale nutritivo. Controllate di tanto in tanto che non si attacchino alla padella. Quando saranno pronte aggiungete il riso con altra acqua e fate cuocere; quando l'acqua viene assorbita dal riso aggiungetene altra e lasciate andare. Questo finché non sarà pronto il riso. Quando il riso è quasi pronto (non fatelo asciugare del tutto), aggiungete della curcuma e se volete, del gomasio (spezia a base di semi di sesamo). Importante: state attenti all'uso della curcuma. Ha un sapore molto forte, e, se non siete soliti usarla, il consiglio è di metterne una spruzzatina ed assaggiare finché non si raggiunge il giusto equilibrio di sapori.
Nel frattempo, nella padella coi fagioli aggiungete salvia, curcuma e seitan a fettine. Potete usare seitan semplice o agli aromi (ottimo il seitan speziato arrosto). Fate cuocere tutto insieme per 7-8 minuti. Alla fine, dovrete avere fagioli e seitan appena sporcati da una salsa alla curcuma.
Terminati i due procedimenti, mettete il riso nel piatto e guarnite al centro con fagioli e seitan.

lunedì 20 settembre 2010

La scomparsa dell'italiano.


L'italiano sta scomparendo. O meglio, migra verso forme indefinite ed anarchiche. Dall'indagine Invalsi (che ha l'obiettivo di verificare la competenza degli studenti riguardo l'italiano scritto), emerge che dal riesame dei temi di maturità 2008-2009, questi sono assolutamente insufficienti per i seguenti motivi: 63% per lessico, 59% per competenza ideativa, 54% per competenza grammaticale e 58% per competenza testuale. In parole povere, la maggior parte dei diplomati ha uno scarsa padronanza e ricchezza lessicale, non sa organizzare un ragionamento scritto e fa errori di grammatica. Valeria Della Valle, docente di lingua italiana a "La Sapienza", punta il dito verso le scelte politiche: "Inutile gridare al lupo al lupo quando sono scomparse le scuole di specializzazione in linguistica per insegnanti. Non è detto che chi si laurea in letteratura abbia piena padronanza della lingua e delle sue regole. E la recente riforma ha abbassato il numero delle ore di italiano..."
Immaginare un giovincello alle prese con errori linguistici gravi è una realtà tristemente accettabile; cambiare il soggetto interessato e scoprire incompetente un laureato in lettere è ben altra cosa. Soprattutto se poi questo laureato siederà dietro una cattedra. L'italiano in poche parole è più a rischio dei Gorilla del Congo. Gli errori e l'incompetenza dilagante interessano la maggior parte della popolazione alfabetizzata o semi-alfabetizzata. Non si conosce il significato di parole come obsoleto, non si sa usare l'apostrofo e la lettera h è un mero optional. Scompare la punteggiatura, punto e virgola e due punti vanno in villeggiatura. Per non parlare del congiuntivo, sul quale la stessa Della Valle ha scritto un fortunato saggio dal titolo "Viva il congiuntivo". Ma a rischio non c'è soltanto il congiuntivo, anche il tempo è frutto di rivisitazione: partendo dal concetto di relatività si sta progressivamente dicendo addio al passato remoto (lo usai).

Dove ricercare le cause? Sicuramente il padroneggiare dell'intrattenimento televisivo è al primo posto. La tv infatti, essendo mezzo di massa, adotta un linguaggio più scarno di quello scritto. Povero, senza orpelli, secco e comprensibile a tutti. Poche parole standard (tra cui milione) che contribuiscono ad impoverire il linguaggio in maniera generalizzata, specialmente tra coloro abituati a passare molte ore davanti allo schermo.
Un'altra causa può rinvenirsi nell'uso di internet. Oggi internet offre la possibilità a tutti di poter scrivere, vuoi tramite un blog, una chat o facebook. Purtroppo questo causa la trasposizione di forme abbreviate e sgrammaticate, dapprima in uso sugli Sms (dove però la cosa si giustificava dal poco spazio e dal costo), ora trasportate in rete (dove pertanto viene a decadere la giustificazione di cui sopra). Allora dilagano sgrammaticature, verbi inventati, abbreviazioni oltre il limite della comprensibilità scientifica, modificazioni scritturali per medesimi suoni(k per ch) oltre i soliti accenti sostituiti da apostrofi (per la è maiuscola accentata correttamente basta fare Alt+212) o del tutto inesistenti. Infine, lo scarso interesse per la lettura. Quest'ultimo punto legato certamente da un sottile filo rosso agli altri due: in una società dove la centralità è l'immagine, perde significato la parola nella sua forma scritta. Ma una società che non sa argomentare, parlare o capire, è una società che diventa barbara.

Queste sono le cause (insieme a quelle di ordine politico) che intuitivamente si possono individuare. Ma c'è un qualcosa che il quotidiano ragionare ignora: non potrà mai esserci un popolo di dotti. Dai l'alfabeto alle masse e queste ne faranno l'uso meno appropriato. Un tempo pochi potevano seguire gli studi. Oggi si ritiene un bene l'alfabetizzazione. Eppure questo potrebbe rivelarsi ancor peggio dell'analfabetismo. Come? I letterati buoni sono sempre stati pochi. Pertanto un tempo questi potevano contare su un piccolo numero di potenziali lettori.
Ma, essendo la capacità di scrivere o di leggere un privilegio di pochi, esistevano buona letteratura e buoni lettori; la lingua scritta, usata da grandi scrittori, non correva grossi rischi di sabotaggio in quanto strumento privilegiato. Dare alle masse la possibilità di leggere e scrivere, in un'epoca appunto massificata, produce più effetti negativi che positivi: la schiera dei potenziali lettori si allarga, ma non quella dei lettori buoni. I buoni scrittori sono sempre pochi, ma la loro arte lungi dall'essere una forma privilegiata (e tutelata), inizia ad assumere i connotati dell'incomprensibilità, della noia, riscuotendo un basso interesse a livello di massa. In un'epoca dove vincono i grandi numeri anche nell'editoria, il grande letterato soggiace agli interessi del mercato e viene spazzato via dai Moccia o dai Fabio Volo. Il numero di pessimi lettori si allarga dando spazio a pubblicazioni trush che riscuotono successo. Le pubblicazioni trush offrono pochi spunti di riflessione ed un linguaggio povero in linea col concorrente televisivo. Lo scrittore buono rimane ai margini, non viene promosso perché non vende, non porta soldi: ed oggi i soldi sono tutto. La cultura barbara e di massa investe la cultura buona (e per certi versi elitaria), spingendola sempre più ai margini. Per ultimo sopraggiunge la morte: i letterati cercano di difendere la lingua, ma sulla spinta delle masse esigenze e regole si fanno sempre meno stringenti fino a portare verso un nuovo sistema, senza regole, senza sinonimi, senza significati. Ripensare l'istruzione obbligatoria? Oggi risponderei di sì. Meglio una cultura elitaria che una massificazione dell'ignoranza e della mediocrità.

Nota: non sfuggono certo i libri universitari, tra cui cito il libro "Mercati di capitali e intermediazione finanziaria" di P.Giovannini, docente a "La Sapienza", che ha un'infinità di errori grammaticali oltre che un layout pessimo. Edizioni Kappa.

martedì 7 settembre 2010

Vespa e quella figuraccia all'italiana




Ma a te non piacciono le tette?
Tonerebbe così qualcuno di mia conoscenza. Un giorno, mentre mi perdevo in appassionati dibattiti sul web uscì la fatidica domanda: ti piacciono le tette? Risposi: un buon cervello è preferibile, se ci sono anche le tette meglio. Venni tacciato di essere omosessuale; non che sia un male esserlo ma la cosa mi ha stupito, perché non arrivo a comprendere come da una semplice affermazione si possa arrivare a mettere in dubbio la sessualità di una persona. Probabilmente sarebbe arrivato ad analoghe conclusioni anche Bruno Vespa, protagonista di una pessima figura al premio Campiello. Mentre bavoso schiumava come una lumaca, l'insigne maggiordomo del parlamento italiano invitando sul palco la Silvia Avallone, vincitrice del Premio Campiello Giovani e autrice di Acciaio, si lascia prendere da una febbrile eccitazione invitando le telecamere ad inquadrarle il bellissimo decolleté. E ciò accade non ad un concorso di bellezza, ma ad un concorso letterario. Insomma, anche quando i meriti ci sono, la donna non riesce a mettere la testa fuori ed essere apprezzata per le proprie doti personali.

In questo piccolo accadimento c'è molto dell'Italia di oggi. La donna, che mai è riuscita a imporsi, vittima di retaggi culturali e, forse, anche un po' di se stessa, è e resta un oggetto da esposizione. Il corpo alla base del tutto, dell'immagine, dello show. L'uomo conduce e la donna fa la valletta; nessuna parola, un sorriso, una coscia, una tetta e tutto va bene. La libido del maschio virile, tettofilo, ben sdraiato sul divano mentre lei lava i piatti della cena dalla stessa preparata, è appagato. La donna oggetto è il pilastro su cui poggia l'attuale sistema televisivo italiano. Se nasca prima l'idea dell'impresario o la depravazione dello spettatore è un problema di difficile soluzione. Vero è, che di personaggi alla Vespa ne trovi un po' ovunque: sul treno, per strada, in ufficio o nel cantiere. Uomini che non vedono altra donna se non quella che è facilmente individuabile dalle sue forme; uomini di un paese che ha il più alto numero di turisti sessuali; uomini ai quali se dici di apprezzare la testa di una donna ti tacciano di omosessualità; uomini che non ti assumono perché donna; uomini che "se vai in giro sola sei una in cerca di sesso" o "se vai in giro vestita in quel modo aspettati di essere violentata"; uomini in attesa di una badante che lavi stiri cucini senza troppe lamentele. Questa è la fotografia un po' appannata dell'Italia: un paese sessista. È così oggi, era così ieri, forse lo sarà ancora domani. Certe abitudini sono difficili da superare e del resto, il forte influsso della morale cattolica non aiuta il processo di cambiamento.

Un tempo era ancora possibile incontrare dei cavalieri. Oggi sono schiacciati, oscurati, sepolti dalla volgarizzazione della vita incentivata in qualche modo dal trush televisivo; polverizzati dal Berlusconismo, dalle luci del circo, da forme colori musica decadimento mentale; annientati dalla legittimazione del maschilismo come stile di vita. Così, tra un canale ed un altro, tra festini e pubbliche offese, tra rotondità da esibire e intelligenze informi da macero, ci si dimentica degli uomini gentili, pronti ad offrirti da bere soltanto per il piacere di parlare. Di quei pochi uomini rimasti che t'invitano a cena nella loro casa, ti offrono del vino e ti preparano la cena, ti aprono la portiera della macchina, baciano la mano e ti guardano fisso, intensamente, negli occhi, senza abbassare lo sguardo. Quegli uomini in grado di ascoltare una donna, anche per delle ore, per il solo piacere di ascoltarla senza l'idea di raggiungere altro.