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sabato 10 luglio 2010

La libertà di stampa e il Signor B: un diritto relativo


Silvio Berlusconi è uscito allo scoperto finalmente. "Evviva la sincerità" si potrebbe dire; o anche "santa retorica!". Durante l'assemblea dei Promotori della Libertà, il che, rende il tutto alquanto grottesco, il premier ha sostenuto che la libertà di stampa non è un diritto assoluto. E già questa è una prima contraddizione con parola libertà: meglio allora sarebbe chiamarsi promotori di Semi-Libertà, o Libertà ad personam. In verità le sue parole non dicono niente di nuovo. Le libertà, prima su tutti quella di stampa, sono per Berlusconi degli status abbastanza spiacevoli. Ammettere e riconoscere la piena libertà significherebbe per il Signor B un lento e inesorabile declino accompagnato dall'accrescimento della consapevolezza pubblica. E questo il Signor B lo sà e per questo tira l'acqua al suo mulino, mantenendo nonostante tutto, la (fallace) immagine di promotore di libertà. Bisogna saper leggere le parole, nel loro senso più profondo.

Il signor B ha dichiarato che il bavaglio alla libertà non lo sta mettendo lui e la sua maggioranza con il Ddl sulle intercettazioni ma la stampa, «una stampa schierata con la sinistra e pregiudizialmente ostile al governo. Una stampa che disinforma, che non solo distorce la realtà, ma calpesta in modo sistematico il sacrosanto diritto dei cittadini alla privacy, invocando per sè la ‘libertà di stampa’ come se si trattasse di un diritto assoluto. Ma in democrazia non esistono diritti assoluti, perché ciascun diritto incontra sempre un limite negli altri diritti prioritariamente ed egualmente meritevoli di tutela».

Bene. Emerge subito che il premier non crede tanto nella libertà assoluta dell'individuo, ma tanto nella propria libertà personale, il che mi pare un principio pressoché illiberale. Ma difficilmente il votante medio può capire un concetto così semplice. Berlusconi è un divo da televisione e purtroppo allo stato attuale delle cose, la gente comune è legata a lui da un meccanismo di adesione inconscio che la fa aderire sommariamente ed inconsapevolmente alle sue parole. Infatti molti Berlusconiani, ripetono le parole del loro "idolo" anziché cercarne di proprie.

La seconda cosa che emerge, anche questo noto da tempo, è l'avversione per il colore rosso. Solita cantilena: tutto ciò che sfugge al suo controllo è frutto di un complotto (talvolta internazionale: vedi quotidiani stranieri) delle sinistre. È riuscito diligentemente a creare una paura incondizionata nei confronti della sinistra, un clima da caccia alle streghe che lo mette a riparo anche dagli scandali più eclatanti. Basta dire la parola magica: complotto. Ed ancora c'è chi ci crede ciecamente.

Infine c'è il vano tentativo di affabulare l'opinione pubblica: "Una stampa che disinforma, che non solo distorce la realtà, ma calpesta in modo sistematico il sacrosanto diritto dei cittadini alla privacy, invocando per sè la ‘libertà di stampa’ come se si trattasse di un diritto assoluto". Quel sacrosanto diritto alla privacy dei cittadini! Ma di quali cittadini si parla? Possibile ci sia chi crede davvero che il proprio telefono sia controllato, che le proprie vite siano messe al setaccio? Ciò che si cerca di difendere qui, non sono i comuni cittadini, quelli che hanno una vita pacata e tranquilla, o per così dire "pulita", bensì, quella dei cittadini che sono anche personaggi pubblici. Si può parlare di privacy in quel caso? Si può parlare di privacy quando si parla di appalti, di corruzione o altri reati che investono si la sfera privata di un individuo, ma lucrano sulle vite altrui? In realtà la sfera intima non viene mai toccata (a parte quelle deprimenti riviste di gossip che però sono care al premier). Ecco, privacy dovrebbe essere sinonimo di "sfera intima" e non di offuscamento. Se un personaggio pubblico, che viene eletto dal cittadino, ha un comportamento scorretto che va contro l'interesse del cittadino stesso, allora è giusto che quel cittadino venga informato di questo. È questa la libertà di informazione, che si riflette nella libertà di stampa che il premier rigetta compe principio relativistico e personale da usare a sua discrezione. Insomma, quale cittadino è stato mai privato della sua privacy? A dire il vero qualcuno me ne verrebbe in mente. Mi vengono in mente certe telenovele da telegiornale che escono sempre nel periodo estivo: Sollecito, Franzoni ed altri gialli da tv (per non parlare di Barbara D'Urso!). Persone comuni, messe sotto i riflettori, seguite nell'intero corso del proprio svolgimento giudiziale. In quel caso, qual'è il confine della tanto agognata privacy? E delle irruzioni giornalistiche nei luoghi delle tragedie: "signora, suo figlio è morto tragicamente, come si sente? Che ragazzo era?" Quelle non sono considerate violazione di privacy? No, e questo perché sono violazioni non nocive per il controllo politico. Privacy assume sempre più l'aspetto di un neologismo furfantesco: è privacy tutto ciò che è sporco e da occultare. Ed un esempio viene proprio dalle tv del premier; basti pensare ai tanti truffatori smascherati da Striscia la Notizia che ribattono reclamando la propria privacy. E cosa risponde in genere il giornalista? - Ma lei ha truffato della gente lucrando sulle disgrazie, quale privacy? Ecco appunto: quale privacy. È la stessa identica domanda che dobbiamo porci di fronte agli scandali politici che cercano di mascherare come diritto dei cittadini alla riservatezza.

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