mercoledì 4 agosto 2010
Se questo è vandalismo
"Daniele Nicolosi, in arte Bros, io in futuro condannerò te e i tuoi simili perché non importa il valore artististico della vostra bomboletta: per noi è comunque reato."
Sebbene il primo processo nei confronti di un graffitario si sia concluso con il proscioglimento, il giudice di Milano ha sancito il principio che mette al bando ogni opera dei writers. E ciò non vale soltanto per quelle opere - o meglio scarabocchi - che imbrattano le nostre metropolitane, che lasciano una sfumatura sulle serrande o sul grigio e decadente costone di un palazzo. La condanna è estesa anche a quei graffiti che hanno un alto valore artistico. Quindi da oggi non importa se il graffito in questione abbia o meno i requisiti per essere considerato un effettivo sgarro al decoro urbano (quale?), anche se il tuo nome fosse Pablo Picasso ciò che tu fai potrebbe essere considerato vandalismo. Anzi, senza potrebbe è senz'altro vandalismo il graffito che cambia "la fisionomia estetica e la nettezza attribuite al bene". E perché non aggiungere che è vandalismo tutto ciò che da colore alla vita? Perché non aggiungere che è vandalismo tutto ciò che annienta il grigiore delle decadenti città? Cambia la nettezza un graffito, e non cambia la nettezza un panetto di 30 centimetri di locandine elettorali attaccate un po' ovunque, che va sbriciolandosi sotto la pioggia? A qualcuno non viene in mente che si potrebbe anche dare una punta di colore alle città, o indire un bando pubblico per la riqualificazione di edifici decadenti, spogli e tristemente incolori? Se si trattasse di ordinari sfregi, obrobri impiastricciati di vernice messa alla buona su monumenti storici allora sì, la parola vandalismo avrebbe certamente un significato più elevato. Ma nelle circostanze, quando si tratta di "cambiare la fisionomia" di una galleria, di una colata di cemento informe, vitalizzandola e dandole vita, non sarebbe meglio applicare tutte le tutele del caso e proteggere un qualcosa che ha un comprovato valore artistico? No. Non è così. Le nostre città devono essere grige di fumo, devono essere a prova di gioia, di sentimento. Devono essere spoglie di ogni emozione, perché le emozioni non sono per gli uomini seri. Gli uomini seri lavorano e fanno crescere il prodotto interno lordo del paese. Gli uomini seri non scrivono sui muri. Gli uomini seri sono bambini ai quali qualcuno ha rovinato l'infanzia togliendo i pennelli, la penna, l'armonica o qualsiasi altro strumento di libertà. Gli uomini seri hanno pesanti pregiudizi altrimenti inviterebbero a cena persone come Bros, writer apprezzato e stimato nel mondo, che ha esposto le sue opere perfino al Palazzo Reale. Altrimenti, affiderebbero il restauro degli angoli più bui e tetri della decadenza urbana a persone come Daniele Nicolosi, in arte Bros. Gli uomini seri sono seri ma non svegli, perché non riescono nemmeno a capire quanto una rivoluzione in tal senso non solo darebbe nuova vita alle città, ma le renderebbe ancor più floride grazie anche ad una certa curiosità turistica che potrebbero attirare. Ma anche un'area pubblica appositamente destinata alle opere dei writers non sarebbe poi tanto male. Basterebbe poco, pochissimo: degli uomini un po' meno seri e un po' più intelligenti.
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